LECCO – Nel territorio lecchese la criminalità organizzata è radicata da diversi decenni e tra i reati commessi ci sono il traffico di rifiuti, la droga, le armi e le estorsioni. Complessivamente sono 400 le aziende a rischio infiltrazione mafiosa, un numero pari all’1,6% delle 22.627 imprese registrate nella provincia di Lecco.
Una percentuale che è leggermente più bassa alla media nazionale, stimata fra il 2 e il 3% con un numero totale di realtà imprenditoriali a rischio pari a 150mila. Il quadro emerge da uno studio della Cgia di Mestre su dati Infocamere e Banca d’Italia, che va a sommarsi con altri due dati molto preoccupanti: il numero delle interdittive emesse dalla Prefettura di Lecco nel secondo semestre del 2023, dieci in soli sei mesi, e la crescita delle denunce per estorsione. In provincia di Lecco lo scorso anno, infatti, sono state 41 contro le 29 del 2013, per una crescita del 41% in dieci anni. A livello nazionale l’aumento è stato invece del 66%.
“Il volume d’affari annuo delle mafie italiane si aggira attorno ai 40 miliardi di euro l’anno – spiega l’Ufficio studi della Cgia di Mestre – Una cifra spaventosa che vale praticamente due punti di Pil. Se effettuiamo una comparazione puramente teorica che, tuttavia, ci consente di ‘dimensionare’ la portata del fenomeno, il fatturato dell’industria del crimine risulta essere ipoteticamente al quarto posto a livello nazionale, dopo quello registrato dall’Eni (93,7 miliardi di euro), dall’Enel (92,9 miliardi) e dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE) (55,1 miliardi di euro)”.
Le attività più a rischio sono quelle presenti nelle grandi aree metropolitane. A Napoli, ad esempio, sarebbero quasi 18.500, a Roma poco più di 16.700 e a Milano sfiorano le 15.650 unità. In queste tre realtà geografiche è concentrato il 34 per cento circa delle imprese a rischio in tutto il Paese. Seguono Caserta con 5.873 imprese, Brescia con 4.043, Palermo con 4.016, Salerno con 3.862, Bari con 3.358 e Catania con 3.291. Gli ambiti criminali in cui le mafie fanno business sono numerosissimi.
“Tra i principali segnaliamo – conclude la Cgia di Mestre – il narcotraffico, il traffico d’armi, lo smaltimento illegale dei rifiuti, gli appalti pubblici, le scommesse clandestine, il gioco d’azzardo, l’usura, il contrabbando di sigarette e la prostituzione. Tra le attività esercitate da queste consorterie malavitose, le estorsioni sono quelle più remunerative e le vittime di questo reato sono, quasi esclusivamente, imprenditori. Non solo. Nei territori dove il numero di denunce all’Autorità giudiziaria per estorsione/racket, ma anche per reati ambientali, contraffazione, lavoro nero, caporalato, etc., è molto alto, la probabilità che vi sia una presenza radicata e diffusa di una o più organizzazioni di stampo mafioso è altrettanto elevata”.