NANDO DALLA CHIESA A CALOLZIO: “COME LOTTARE E VINCERE
LE MAFIE DA CITTADINO”

DALLA CHIESA A CALOLZIOCALOLZIOCORTE – Quando Nando Dalla Chiesa prende la parola, nella sala dell’oratorio S. Giovanni Bosco di Sala, a Calolziocorte, ad ascoltarlo sono in molti, in parte anche in piedi. L’associazione Liberamente, formata per lo più da ragazzi di Calolzio, ha così concluso con il professore, da anni in prima fila nella lotta alle mafie, il proprio ciclo di appuntamenti intitolati “Vivere in Legalità”. Quest’ultimo incontro si è tenuto nella serata di venerdì 27 febbraio.

Nando Dalla Chiesa, giornalista, sociologo, politico, professore universitario, è stato accompagnato nel suo discorso dalle domande di Umberto Filacchione, che ha ricordato al pubblico i numerosi momenti in cui Dalla Chiesa ha preso parte a movimenti e iniziative di denuncia della criminalità organizzata. L’ultima, ricordata dallo stesso protagonista della serata, è stata l’istituzione di un corso universitario in sociologia della criminalità organizzata, «un avversario temibile» ha esordito Dalla Chiesa «che ci si accontenta di immaginare, ma che non ci si preoccupa di conoscere adeguatamente». Il professore ha quindi voluto lasciare, con l’istituzione di questo corso, un’impostazione strutturata di lotta al fenomeno mafioso, che vada al di là delle innumerevoli serate e testimonianze, uno strumento che porti le future generazioni, ma non solo, a conoscere a dovere il proprio nemico.

Sono stati troppi in passato gli errori di chi ha considerato l’infiltrazione mafiosa come un’invenzione, impossibile, come uno sfregio al buon nome di Milano. In realtà, negarne l’esistenza e “non parlarne fa soltanto il male della società. I nemici si combattono”. Riconosciamo dunque la presenza della malavita, da almeno 30 anni, nel Nord Italia e quindi studiamola per saperla identificare. Gli esponenti dei clan, normalmente inseriti nel settore sociale e produttivo anche dei comuni più piccoli, sono artigiani, piccoli imprenditori, muratori, fruttivendoli e non, come molti credono, manager dall’impeccabile profilo professionale, parlanti diverse lingue e con i figli iscritti alle più prestigiose università. Le intercettazioni mostrano persone che a malapena parlano l’italiano e che usano i luoghi più comuni per le proprie riunioni: ristoranti, bar e perfino ospedali, dove è meno presente il rischio di essere registrati. Il loro obiettivo è la conquista del territorio, secondo una consapevole vocazione colonialista.

La ‘ndrangheta si è perciò espansa nei comuni più piccoli del settentrione, dove cioè la presenza delle forze dell’ordine è meno massiccia. In un recente studio condotto da Dalla Chiesa e alcuni studenti, le provincie delle regioni del Nord, compresa l’Emilia Romagna, sono state classificate per presenza mafiosa. Le più marce sono risultate essere le provincie di Milano, Monza Brianza, Torino e Imperia, mentre Lecco, Como e Varese si collocano al livello due e Sondrio al cinque. In alcuni casi la situazione è ormai degenerata: in molti di questi comuni le aziende si rivolgono direttamente ai clan per ottenere ciò che altri ostacoli glielo impediscono, riconoscendone l’autorità a discapito delle forze dell’ordine. Dalla Chiesa ha citato l’esempio di Buccinasco, lindo Comune di buona civiltà per chi si trova a passare per le sue vie, ma triste storia di corruzione per chi guarda alle sue vicende amministrative e politiche. Un Comune dove persino i bambini delle scuole elementari sapevano con quali compagni non dovevano litigare perché figli di, a differenza dei politici. L’obiettivo di queste organizzazioni è entrare negli organi di potere locale e prenderne il controllo.

Riflettendo sulle ragioni della loro forza, Dalla Chiesa ha citato diversi fattori. Uno tra questi è sicuramente la capacità di posizionare le giuste persone nei ruoli decisionali più influenti per aggiudicarsi gli appalti. E’ qui che si vede l’abilità degli affiliati di distinguere gli avvicinabili dagli inavvicinabili. Ulteriore punto di forza è la loro unione sotto le bandiere della compaesanità, della conganguineità e della parentela. Un’unione alla quale il resto del Nord Italia non è in grado di opporre un animo coeso, una triste constatazione che porta Dalla Chiesa a dire che la più grande forza della criminalità organizzata giace dal nostro lato del tavolo, nella nostra disorganizzazione e nella nostra corruttibilità.

I temi toccati grazie alle domande dei presenti hanno poi ricordato a tutti la tragicità della vicenda Ambrosoli, la vergogna di chi con indifferenza ha assistito, in passato, ai sequestri di persona, vissuti anche direttamente dal nostro territorio ad Airuno e Olginate. E sebbene oggi siano molto più numerosi i movimenti per la legalità, Dalla Chiesa vede una generale tendenza al compromesso e, ancora, l’incapacità della politica di attaccare una parte di sé stessa, innegabilmente collusa con queste organizzazioni. Studiamo perciò il nostro nemico, cancelliamo stereotipi e false credenze che alimentano l’illusione dell’inesistenza della mafia e assumiamoci la responsabilità di chi è, ancora oggi, in parte responsabile per la sua stessa esistenza.

P. S.