LECCO – Il Primo Maggio lecchese ha arricchito di commemorazioni e momenti di condivisione una festa molto sentita dalla popolazione: la mattinata ha visto le autorità cittadine riunirsi presso il Monumento ai Caduti sul Lavoro di largo Caleotto, per ricordare le vittime del lavoro. Nel pomeriggio, in piazza Cermenati, la festa e la musica dei Post Office e dei Tizzhard si sono accompagnate alle riflessioni dei sindacati.
A condividere le proprie riflessioni sui temi centrali di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è stato anche il sindaco di Lecco Mauro Gattinoni: “Sono felice di poter essere qui con voi, oggi pomeriggio, in questa piazza piena di musica, di volti, di energia nella ricorrenza così sentita e così importante per la Repubblica italiana.
Siamo qui per festeggiare insieme il 1° Maggio, la Festa dei Lavoratori. Ma anche per ricordarci che il lavoro è molto più di una fatica quotidiana: è dignità, diritto, vita.
Il tema che avete scelto di mettere al centro di questo Primo Maggio è chiaro e forte: salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Già questa mattina, al Monumento ai Caduti sul Lavoro in largo Caleotto, abbiamo reso omaggio a chi, lavorando, ha perso la vita nel momento commemorativo che ogni anno ANMIL – Associazione Nazionale Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro promuove unitamente alle sigle sindacali cittadine.
Ma soprattutto abbiamo voluto lanciare un messaggio forte: non possiamo più tollerare che, ogni giorno, qualcuno non torni a casa dopo il proprio turno; non possiamo più accettare passivamente che sia normalità che mariti, mogli, figli, fratelli, nonni piangano un proprio caro. Perché questa non è la normalità: il lavoro deve essere sicuro. Deve rispettare la persona. Deve costruire futuro.
È una battaglia di civiltà. È una sfida che riguarda tutti: istituzioni, imprese, lavoratori, cittadini. Perché un lavoro che non tutela chi lo svolge, non è un buon lavoro: e su questo punto tutti ci dobbiamo sentire investiti di questo compito.
Solo nel 2024, in Italia, gli infortuni sul lavoro sono stati oltre 500.000, e le morti bianche più di 1.000: numeri che fanno male e che non possono essere accettati come inevitabili. Anche la nostra provincia, nonostante l’impegno di tante realtà produttive virtuose, conosce ancora troppo bene il dolore di queste perdite.
Qui a Lecco, città con una grande tradizione industriale, sappiamo bene quanto il lavoro sia parte della nostra identità. Solo un mondo che basi la propria crescita sulla qualità del lavoro, sull’innovazione e sulla formazione, sulla sostenibilità e sulla crescita dei talenti, può definirsi un mondo sano, capace di guardare al futuro.
Al contrario, in questo momento, assistiamo a un mondo sempre più distorto e malato.
I dazi e le barriere commerciali, presentati come strumenti di protezione nazionale, sono strumenti gestiti oggi come carte da poker per una negoziazione il cui tatticismo, cinico, rischia di danneggiare il livello dei consumi, il potere di acquisto dei salari, gli investimenti delle imprese. Alterando i flussi di scambio di un mercato aperto (certo, con tutti i limiti che conosciamo, ma almeno “governato”) interrompono le catene globali del valore e provocano reazioni uguali e contrarie da parte dei Paesi colpiti. Questo ciclo vizioso non solo ostacola la crescita economica, ma mette a rischio posti di lavoro e la stabilità delle nostre comunità. E Lecco non può ritenersi esente da questo pericolo, altro che “opportunità per il nostro Paese!”.
L’Italia, nonostante il lieve aumento della produttività dal 2022 e i tassi di crescita registrati dal 2024, presenta una situazione dei salari preoccupante. Nel Rapporto mondiale 2024-2025 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro si può leggere, infatti, che il nostro Paese “si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo, con salari reali inferiori a quelli del 2008”.
E qui, da lecchesi, dobbiamo farci due domande: la prima riguarda il recupero di produttività del lavoro, la seconda riguarda i nuovi settori economici.
1) La produttività è effetto della combinazione tra scelte imprenditoriali innovative e qualità professionali aggiornate: su questo piano occorre uno sforzo congiunto tra imprese e lavoratori per recuperare un gap che, se non deciso, è destinato ad aumentare, non foss’altro che per la crisi demografica e il contingentamento dell’apporto di forza lavoro dall’estero, che di fatto pongono vincoli strutturali alla disponibilità di lavoro.
2) Sul tema dei nuovi settori, siamo solo all’inizio di evoluzioni dirompenti: dai lavoratori “delle piattaforme” (disintermediati e al limite dello sfruttamento), alle nuove catene di montaggio che sono le catene di distribuzione logistica; aggiungiamoci la crisi del commercio di vicinato e anche una terziarizzazione verso “nuovi” settori (ad esempio turismo, alberghi, ospitalità, ristorazione) che indubbiamente offrono opportunità di diversificazione territoriale, ma altrettanto indubbiamente riconoscono livelli di valorizzazione del lavoro che, commisurati rispetto al comparto industriale, sono di gran lunga inferiori sia in quanto a retribuzioni, sia in quanto alla componente non economica del contratto di lavoro (bilateralità, previdenza, formazione). Ciò è ovviamente direttamente correlato a un minor livello di qualificazione del personale in ingresso, pertanto maggiormente contendibile, e il cui effetto aggregato a livello di territorio può comportare, nel lungo periodo, un segno negativo in termini di valore del lavoro. Ecco, da lecchesi, riflettiamo molto attentamente su queste evoluzioni in corso.
Su questo punto si è espresso proprio nei giorni scorsi, in maniera ineccepibile come sempre, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella:
“Sappiamo tutti come le questioni salariali siano fondamentali per ridurre le disuguaglianze, per un equo godimento dei frutti offerti dall’innovazione, dal progresso. Salari inadeguati sono un grande problema, una grande questione per l’Italia. Incidono anche sul preoccupante calo demografico, perché i giovani incontrano difficoltà a progettare con solidità il proprio futuro. Resta, inoltre, alto il numero di giovani, con preparazione anche di alta qualificazione, spinti all’emigrazione. Questi fenomeni impoveriscono il nostro “capitale umano”.
Da Sindaco, evidenzio poi due aspetti che riguardano più da vicino la città:
1) Abbiamo un tema di aumentare i servizi rivolti alle famiglie per favorire la conciliazione famiglia-lavoro, e di conseguenza quasi automatica, il miglioramento dell’occupazione femminile. Occorre ripensare a modelli organizzativi, senza paura, che siano davvero capaci di sostenere le famiglie, incentivare il lavoro femminile e quello giovanile, in grado di contrastare ogni forma di precarietà che genera insicurezza economica e sociale.
2) Il tema del livello degli stipendi si intreccia con la questione abitativa. Il livello dei prezzi degli affitti e il livello dei prezzi di acquisto non permettono alle giovani coppie di prendere casa in città. Questo dato è pericolosissimo per la tenuta del nostro sistema urbano. Vi sono pressioni sui prezzi dovuti agli affitti agli studenti o agli affitti turistici, tutte cose utili e lecite, ma l’effetto aggregato è gravemente distorsivo per i cittadini! Noi stiamo facendo il possibile con le nuove regole che inseriremo nel PGT, ma il sistema economico deve fare la sua parte, per non diventare una città espulsiva per la parte più dinamica e creativa della nostra comunità.
Infine, parlando di lavoro, non commettiamo l’errore di ridurre il discorso al mero dato economico: per noi, per l’Italia lavoro è partecipazione, anzi di più, è il fondamento della democrazia!
Ce lo ricorda il primo articolo della Costituzione. Per questo, nel fine settimana dell’8 e 9 giugno saremo chiamati a un esercizio di partecipazione democratica molto importante, quello del voto referendario su 5 quesiti di grande rilevanza per la nostra comunità, di cui 4 direttamente legati al mondo del lavoro e sottoscritti da migliaia di cittadini.
Da Sindaco, non posso che invitare ciascuno a informarsi, farsi una propria idea e andare a votare. Perché partecipare è un modo concreto di prendersi cura della propria città, del proprio Paese, del proprio futuro.
Se vogliamo rispettare l’articolo 1 della Costituzione, allora dobbiamo mettere il lavoro al centro – lavoro sicuro, giusto, dignitoso –. Solo così costruiremo una società davvero libera, democratica e solidale.
Grazie a tutti, e buon Primo Maggio!”
Il segretario provinciale del Partito Democratico di Lecco Manuel Tropenscovino ha invece sottolineato l’impegno necessario per arrivare ad un lavoro sicuro per tutti: “Cosa c’è da festeggiare oggi? Temo ben poco, per i lavoratori di questo Paese.
Nel 2024 sono morti sul lavoro 1090 lavoratori, e nei primi mesi del 2025 siamo già a 138 vittime. Oltre 5 milioni e 750 mila persone vivono in condizioni economiche gravissime. Le retribuzioni lorde medie annue sono ferme, di fatto, dal 1993. Più di un giovane su dieci, pur lavorando, resta povero, e quasi il 30% dei lavoratori tra i 15 e i 34 anni ha un contratto a tempo determinato, e quindi precario.
Oggi lavorare non è più garanzia di futuro per molti, per i giovani e per le donne soprattutto. Lavoro povero, lavoro precario e lavoro insicuro non possono essere “forme” del lavoro buone solo ad indignarci, ma devono farci mobilitare dalla Provincia di Lecco a tutto il territorio nazionale. Basta guardare all’impegno dei metalmeccanici che si stanno battendo, di fronte alla sordità delle imprese, per il rinnovo del contratto e aumentare giustamente il proprio stipendio. O ai corrieri di Esselunga, che da giorni sono in sciopero, rinunciando al proprio stipendio, per chiedere il riconoscimento economico del lavoro di facchinaggio, ricevendo da Esselunga intimidazioni e cassa integrazione. Sono solo due esempi di come ancora nel nostro Paese ci sia chi si mobilita per migliori condizioni di lavoro e migliori stipendi. Ma serve un nuovo impegno collettivo, da parte di tutti e tutte, per riaffermare la dignità del lavoro, troppo spesso calpestata dalla politica, dall’affarismo, da un capitalismo straccione che pretende profitti e sussidi dai Governi per pochi, mentre impone la precarietà per tutti gli altri.
Per questo, è ancora più significativo che oggi CGIL, CISL E UIL intitolino le manifestazioni per il Primo Maggio “Uniti per un Lavoro Sicuro”.
Ancora più importante sarà l’appuntamento dell’8 e 9 giugno, dove con il voto di ognuno di noi ai 5 referendum, di cui 4 sul lavoro, si può provare a rimettere al centro del dibattito pubblico il contrasto alla precarietà , pretendere più sicurezza e ridare garanzie a chi lavora.
Se questo Primo Maggio può avere un senso più profondo degli altri, non è quello della festa, ma quello di ridare al lavoro il valore di strumento per migliorare le proprie vite e costruire un futuro. Non può essere responsabilità, e dovere, solo dei lavoratori, ma è dovere anche delle imprese e delle istituzioni costruire le condizioni perché questo avvenga. Non si può più accettare il disinteresse di un Paese che preferisce vedere scappare le giovani generazioni piuttosto che garantirgli le possibilità di rimanere qui.
Ci aspetta una lunga battaglia, ripartendo dalle poche proposte già in campo o da costruire: una nuova politica industriale, introduzione del salario minimo, una legge sulla rappresentanza sindacale, una riforma della scuola, il sostegno delle Istituzioni ai rinnovi dei contratti. Intanto però questo primo maggio e il referendum dell’8 e 9 giugno sono le prime occasioni che nessuno può permettersi di sprecare”.