“NON SI PUÒ MORIRE COSÌ”:
LETTERE DI DUE CITTADINI
SULLA TRAGEDIA DI GENOVA

LECCO – Le lettere di Remo Valsecchi e Germano Bosisio, due cittadini che esprimono le loro riflessioni dopo il dramma di Genova.

Un ferragosto di sangue. Non si può morire così. È difficile affrontare un tema come quello della sicurezza stradale dopo quello che è successo. Non è stata una fatalità.
La sicurezza, anche stradale, è un diritto dei cittadini che lo Stato deve garantire e che non ha garantito. Per questo è una “strage di Stato” odiosa come tutte quelle che hanno provocato la morte di cittadini incolpevoli. Non ci sono giustificazioni tecniche, cercare l’errore o le ragioni tecniche, che probabilmente esistono, è il solito tentativo di sviare la realtà e sfuggire le proprie responsabilità. È il solito tentativo di depistaggio. In questo Paese il depistaggio è normale.
È colpa di Autostrade per l’Italia spa o di Atlantia spa? È una responsabilità che solo la magistratura potrà accertare e stabilire ma che dovrà essere conseguente ad inadempimenti o omissioni.
La distribuzione, negli ultimi quattro anni, di dividendi, e riserve, per oltre 4miliardi di euro e il rimborso di oltre 4,5miliardi di euro dei finanziamenti fatti dalla controllante non sono illegittimi, salvo accertamenti diversi dell’autorità giudiziaria, sono solo un assurdo.
Con 8,5miliardi finiti nelle tasche dei privati, il ponte sarebbe stato ricostruito ex novo!
Le responsabilità sono di chi ha consentito o non impedito che, la sottrazione di risorse finanziarie a favore di privati, avvenisse. La causa del disastro e delle vittime del 14 agosto ha un nome, si chiama “privatizzazione”Ci hanno detto che il privato garantiva efficienza. Ci hanno detto che il pubblico è incapace di gestire i servizi pubblici, che il privato è meglio. Ci hanno detto che per fare grandi investimenti sono necessari i capitali dei privati, magari stranieri.
È vero il contrario. Il privato non ha attenzione per la socialità dei servizi pubblici, non è una sua funzione, e l’efficienza è solo quella di produrre profitti e prelevarli nella misura massima possibile. Altro che apporto di capitali, l’apporto è solo di debiti che vengono pagati con le tariffe.
Aver trasformato Beni Comuni, anche le strade lo sono, e i servizi pubblici in strumenti di finanza e di profitto, è la vera causa di tutto quanto è successo. Per questo motivo è una “strage di Stato”, perché è stata provocata da organi dello Stato, governi e parlamentari che hanno consentito o non hanno impedito che questo avvenisse.
I responsabili sono tutti coloro che, avendo teorizzato o attuato i processi di privatizzazione, dovrebbero vergognarsi, stare zitti e andarsene. Il Partito Democratico più di altri, si dichiara di centro sinistra e dovrebbe essere contrario ad ogni forma di privatizzazione ma è stato quello che ha privatizzato la maggior parte di Beni Comuni. Il Centro-destra? La privatizzazione e la tutela del privato, dei pochi, è la regola, questo non lo esonera dalle responsabilità.
Sono le regole del neo-liberismo su cui si fonda l’attuale sistema e sui cui principi è stata costruita l’Europa economica.
Preoccupa l’iniziativa di revoca della concessione a Autostrade per l’Italia, non perché non è condivisa, ma perché, al di là dell’effetto mediatico, non porterà da nessuna parte. Essendo un Paese dove le regole sono quelle democratiche e non quelle di regime, almeno per il momento, saranno solo le fasi di un procedimento giudiziario amministrativo (TAR, Consiglio di Stato, Cassazione e, magari, Corte di Giustizia Europea), che può durare decenni, a stabilire se il recesso è legittimo o meno. E, nel frattempo? tutto continuerà come prima. E i risarcimenti? purtroppo le vite perse non saranno recuperabili e non ci saranno denari in grado di restituirle ai loro familiari. I risarcimenti, però, rischieranno di concretizzarsi alla chiusura di interminabili processi come nei casi della strage di Piazza Fontana (1969) e Ustica (1980). Questo rischia di essere l’esito di un’azione velleitaria e solo di facciata di cui, chi l’ha promossa, ne è consapevole ma il cittadino no.
Avviamo, da subito, la ripubblicizzazione dei Beni Comuni e dei servizi pubblici attraverso provvedimenti legislativi con la consapevolezza che bisognerà corrispondere ai gestori gli indennizzi sicuramente previsti dalle concessioni. Apriamo contenziosi sugli indennizzi ma, nel frattempo, avremo messo al sicuro e restituito ai legittimi proprietari i Beni Comuni e tutto quanto è funzionale alla vita degli uomini, delle donne e dei bambini di questo Paese.
In Parlamento saranno anche snidati i Partiti che hanno a cuore gli interessi di pochi e non quelli degli italiani
Non è solo una responsabilità politica dietro la quale, spesso, si sono nascosti i peggiori misfatti. È anche una responsabilità personale di chi ha giurato sul rispetto della Costituzione ma ha fatto esattamente il contrario e non ha garantito la sicurezza dei cittadini.

Remo Valsecchi

 

Dalla tristissima vicenda di Genova stanno emergendo sempre più aspetti inquietanti che disvelano un quadro di sottovalutazioni, inefficienze e colpevoli inerzie che, per chi non vuole rimanere in superficie, impongono valutazioni che vanno al di là della vicenda stessa.
Il dogma che il “privato”, e la cultura privatistica tipica anche di alcune partecipate pubbliche, sia comunque sempre il meglio sta palesando una volta in più la sua infondatezza.
Anzi, nel campo dei monopoli naturali e nella gestione dei Beni Comuni Primari, diventa elemento di grave distorsione perché il “privato”, per sua stessa natura, tende a massimizzare i profitti (comprensibilmente in altri settori non essenziali) a scapito delle altre voci di “costo” quali le varie sicurezze in ambito sociale (ambientali, sanitarie ecc. ecc.) e in sostanza subordinando il principio di maggior precauzione agli aspetti economici.
Del resto lo capirebbe anche un bambino che nella gestione di questi beni primari per la Collettività, solo per stare agli aspetti economici, il “pubblico”, a parità di efficienza, sarebbe più “risparmioso” rispetto al “privato” in quanto non “deve” far utili gestendo al meglio il servizio.
Se poi “il pubblico” pensa e si comporta come il privato entrando negli stessi meccanismi finanziari e borsistici (cultura del primato dei dividendi ecc. ecc.) e magari alimentando in aggiunta clientelismi e incompetenze allora “tradisce” doppiamente la propria missione in quanto usa il “paravento” della “proprietà pubblica” per fare altro e non certo gli interessi della collettività.
Queste semplici affermazioni da sempre sono patrimonio “culturale” e operativo soprattutto dell’associazionismo e dei comitati per la tutela dei Beni Comuni e non certo lucrati da questi luttuosi eventi.
Da cittadino, ancor prima che appartenente ad alcuni di questi gruppi, auspico anzi che questa tragedia possa far rinascere in tutte le forze attive della società, e ben al di là della logica degli schieramenti politici, un ripensamento generale su quella che può rappresentare la vera questione “politica” in gioco.
In questo senso occorre tutti, ed a maggior ragione, vigilare sia sulle scelte locali che su quelle nazionali ed europee, visto che i dogmi a cui ci riferivamo sopra sono certamente frutto di una cultura politica dominante ben più ampia.
L’invito che rivolgo, come sempre, a tutti i cittadini è quello di non stare alla finestra delegando ad altri, rischiando così di veder crollare… tutto il nostro sistema sociale sotto i colpi di un’economia senza volto e senza uno scopo veramente umano!

Germano Bosisio