“PATTI EDUCATIVI DIGITALI”: GLI STUDENTI DEL BADONI CREANO UN CHATBOT

LECCO – Tra marzo e aprile, nell’ambito del progetto “Patti educativi digitali”, su iniziativa del Comune di Lecco e dell’Istituto Badoni, i ragazzi della prima CIT sono stati guidati da Gianluigi Bonanomi nella realizzazione di un chatbot sull’uso consapevole della tecnologia.

Dopo una sessione di formazione iniziale sui temi dell’uso consapevole di smartphone e Internet, i ragazzi si sono divisi in cinque gruppi:
• social
• cyberbullismo
• gaming
• fake news
• genitorialità e tecnologia

I ragazzi, accompagnati dai genitori presenti, hanno creato la knowledge base, ovvero i contenuti da dare in pasto all’intelligenza artificiale: cinque documenti con FAQ (le domande poste di frequente) sui vari argomenti. Ecco qualche esempio di domanda, alla quale hanno associato la risposta trovata su siti autorevoli (per esempio pattidigitali.it):
• Cos’è il cyberbullismo e come si può fermare?
• Da quale età si può creare un account di Instagram?
• Cos’è il PEGI?

Un buon sistema di intelligenza artificiale deve riconoscere le domande, imparare i testi scritti dai ragazzi, rispondere anche in caso di domande simili ma soprattutto non rispondere a domande non pertinenti (per esempio “Come posso vincere a Call of Duty?”). Alla fine dei lavori, due incontri da otto ore, Bonanomi ha guidato i ragazzi nella creazione di un GPT (versione personalizzata di ChatGPT) che rispondesse alle domande dei ragazzi delle altre classi o delle altre scuole, secondarie di primo grado comprese. Il GPT, che si chiama ‘CIT-GPT – Risposte sull’uso della tecnologia’, è liberamente accessibile per chiunque abbia un account gratis di ChatGPT direttamente online.

Per la cronaca, decine di persone hanno usato il chatbot fin dalle prime ore di vita. “A mio avviso – dice Gianluigi Bonanomi – questo progetto è stato importante per tre motivi: il lavoro di condivisione genitori e figli è importante per evitare che la tecnologia sia solo un argomento di disputa in famiglia (ecco il perché dei “patti educativi digitali”); i ragazzi sono ormai saturi di informazioni sull’uso consapevole della tecnologia, non fanno altro che incontrare forze dell’ordine e psicologi: un approccio esperienziale, il sentirsi parte del progetto di costruzione del chatbot su questo tema, li responsabilizza e li coinvolge maggiormente; l’intelligenza artificiale è considerata un problema della scuola, dove viene vista solo come minaccia (da “i ragazzi non fanno più i compiti” a “non useranno più il cervello”): invece abbiamo dimostrato che può rivelarsi un’opportunità: il chatbot può aiutare tutti e intercettare chi ha remore a rivolgersi a pari e adulti”, conclude Bonanomi.