RIONI IN SUBBUGLIO: PER MAGNI
“IL DIMENSIONAMENTO HA CAUSATO
UN’INSURREZIONE IN PERIFERIA”

magni sandroLECCO – Se le parole non fossero maledette da un imperante e perbenistico ostracismo sociale, dovremmo dire che il  così chiamato “dimensionamento” ha prodotto una vera e propria “insurrezione” (nascita dal basso) popolare dei quartieri periferici della città a Chiuso, a Bonacina , a Laorca. E non a caso, perché se quello che si è assistito in questi decenni, non solo a Lecco,  è stata quello di un progressivo sradicamento dal territorio, con la cancellazione di servizi comuni, o meglio ancora con la creazione di “non luoghi” puramente funzionali ad esigenze di concentrazione e accumulazione, quello che emerge , a chi provi a guardare le cose con attenzione, a chi si vuole provare ad un ascolto, non di maniera, è la richiesta di una nuova territorializzazione. Ad una fase ormai lunga di deterritorializzazione si risponde con una nuova domanda di riterritorializzazione ovvero di beni comuni che siano l’ossatura di un nuovo processo del vivere e dell’abitare.

Ci è stato detto, che la soppressione di una classe scolastica, non è la soppressione di una scuola. Vero. Ma se l’operazione si ripete per due, tre, cinque anni, diventa automaticamente la soppressione della scuola. Allora il dimensionamento va fatto in tempi brevi. E va fatto dentro un contesto in cui gli “insorgenti” Comitati, riescano a convincere, nel breve periodo,  le proprie famiglie a iscrivere i loro bambini sul territorio del quartiere: per non chiudere le scuole. Ma occorre anche che chiedano a gran voce che, a fronte di una relativamente autonoma fase di decremento demografico, dovuto all’assenza di politiche e di servizi a supporto delle famiglie, di vera conciliazione dei tempi, che il “dimensionamento” disegni, molto più che il fuorviante Piano di Governo del Territorio, una città policentrica che vada dalle periferie al centro e non viceversa.  Il problema non è demografico, o meglio richiede una lettura dei fenomeni demografici in corrispondenza con i fenomeni accumulativi, ad una fase espansiva sul territorio, si sta rispondendo con una fase di ritiro dal territorio, di contrazione territoriale, con l’impoverimento delle periferie. Tutto è spostato verso il centro della città, che può pagarsi i servizi.

La diatriba di Chiuso è esemplare. Un quartiere dormitorio, che ha come unico servizio pubblico la scuola, viene messo nella condizione di dover chiudere questa scuola. L’operazione non riesce, viene smentita a forza, ma non si è per niente convincenti. Anzi.

Paradossalmente la chiusura della scuola dovrebbe beneficiare, in una guerra tra poveri, Maggianico. Ora il dimensionamento è un fenomeno cittadino, ma nel suo piccolo, pur in una logica di guerra tra poveri, perché la chiusura non deve riguardare Maggianico a favore di Chiuso. Perchè non chiude la scuola di Maggianico e i suoi bimbi vanno a Chiuso. Forse perché a Maggianico, c’è un gruppo di potere e di eletti conforme all’attuale maggioranza, che si fa sentire, nel chiuso delle camere partitiche, che conta più che a Chiuso?

Un caso emblematico, quindi. Se “dimensionamento” va fatto, allora si vada nella direzione della tutela e del potenziamento della periferia.  Non si costruiscano più scuole nel centro. Si pensi la scuola nell’ambito di un ridisegno dei servizi locali, comprese le poste e gli ambulatori della salute, si garantisca ad ogni quartiere e rione i suoi servizi sociali, il suo welfare locale. Si inverta una tendenza. Qualcuno dirà. Ma i ricchi e non solo poi porteranno i figli alle scuole private. Vero. Forse e dipende. Ma i beni comuni non si misurano con il potere d’acquisto. E si faccia una politica della scuola statale. Che annulli quei possibili effetti. Bonus e servizi devono essere organizzati verso le periferie, verso le scuole di tutti, quelle statali.

Insomma se dimensionamento va fatto, si tolga al Centro e si vada verso la periferia.  Riterritorializziamo le scuole, riterritorializziamo i rioni.

Alessandro Magni