SPECIALE/ MARIO CERMENATI,
A 145 ANNI DALLA NASCITA
DI UN GRANDE LECCHESE

cermenati monumentoLECCO – Ricorre quest’oggi il 145° anniversario dalla nascita di Mario Cermenati, il più illustre politico del territorio lecchese che si impose in una realtà di contrasti culturali e di fermenti sociali. Figura complessa e non omologabile, uomo simbolo del trentennio della democrazia lecchese, la città gli dedicò una statua “spalle alla chiesa” ma presto se ne offuscò il ricordo. Per l’occasione LeccoNews propone ai suoi lettori un’esauriente biografia del Cermenati.

di Cesare Canepari

 

Mario Cermenati nasce a Lecco il 16 ottobre 1868. Coltiva fin da giovane la passione per le scienze naturali: studente a Sondrio e poi universitario a Torino e Napoli, più volte pubblicò saggi su botanica e geologia della Valtellina e del lecchese collaborando con numerose riviste. Dal 1890 fu professore di geologia e paleontologia dell’università di Roma, e il soggiorno nella capitale gli permise di consolidare convinzioni positiviste ed evoluzioniste ma soprattutto di approfondire con frequentazioni importanti il pensiero democratico-repubblicano cui già lo iniziò il padre, Giovanni Cermenati, imprenditore tessile.

Dall’università romana il Cermenati mantenne assidui rapporti con la città natale. Prese ruolo attivo nel progetto editoriale del fratello minore Ulisse che, raccolto a sé un nutrito e combattivo gruppo di giovani istruiti, si fece portavoce di una sinistra assai accesa, repubblicana, e con una sempre provocatoria posizione anti-clericale.

La chiamata elettorale per le amministrative del maggio 1895 fu il debutto in politica per la compagine democratica lecchese, debutto sorprendentemente positivo che segnò l’inizio del “trentennio della democrazia” a Lecco.

Nel 1897 Ulisse è tra i fondatori del periodico Il Prealpino: gazzetta di Lecco e circondario e ben presto fu evidente la simbiosi tra al testata e le posizioni politiche di Mario Cermenati: nonostante la carriera universitaria lo tenesse lontano dal Lario infatti, il professore riuscì a imporsi quale riferimento ingombrante nella cosa pubblica del territorio grazie proprio alla costante presenza tra le pagine del Prealpino.

Nel frattempo anche la sua autorità accademica crebbe, tanto da passare alle cronache per un viaggio di studio in Russia, meta non certo usuale a quel tempo, ed iniziò collaborazioni scientifiche con i Ministeri del Regno.

Nel 1900 Mario Cermenati accettò la candidatura alla Camera offertagli della sinistra lecchese, un’alleanza tra la sinistra costituzionale e i gruppi estremi – radicali, repubblicani e socialisti – resa possibile solo dopo le repressioni della primavera del 1898.

Forte della sua cultura naturalistica, e certo di avere già il sostegno necessario in città, impostò la campagna elettorale sulla nascita di un progetto turistico per al Valsassina, e come facilmente intuibile Il Prealpino divenne strumento propagandistico al servizio del professore. Ne scaturì una competizione elettorale particolarmente violenta, vinta però dal deputato uscente Gavazzi, rappresentante dello schieramento moderato, grazie proprio ai consensi della Valsassina e della riviera.

Nel 1902 la carriera accademica del Cermenati raggiunse un importante traguardo: al professore venne affidato il primo insegnamento in Italia di Storia delle Scienze Naturali, sempre presso l’università di Roma. In questi stessi anni la sua presenza nella città natale si fece saltuaria, nonostante ciò riuscì nell’intento di costituire a Lecco il Partito democratico-radicale e ad imporre la stessa linea politica al Prealpino.

RITRATTO DI MARIO CERMENATIForte di questi successi non esitò a ricandidarsi in vista delle elezioni politiche del 1904. Rispetto a quattro anni prima i democratici lecchesi persero il sostegno dei socialisti mentre dall’altra parte si ripresentò il deputato Gavazzi che ottenne il sostegno dei periodici locali più seguiti, la conservatrice Cronaca e il cattolico Resegone. Con sole 60 preferenze in più, l’esito delle urne sorrise ancora una volta all’avversario. Una sconfitta di misura resa più amara dal plebiscito conseguito nelle sezioni cittadine. Tuttavia nei mesi seguenti Cermenati incrementò l’attenzione verso il territorio lecchese: sfruttando la propria collaborazione professionale con le commissioni ministeriali predispose soluzioni legislative inerenti alla pesca e all’industria ittica lacustre, sostenne il completamento dell’anello ferroviario Lecco-Olginate-Calolzio, sollecitò la realizzazione di collegamenti tra Lecco e Valsassina e tra questa e Bellano.

Al contempo Cermenati non trascurò l’impegno accademica e pubblicò studi sull’evoluzionismo e su Leonardo da Vinci.

La vittoria elettorale arrivò nel 1909. Prodromi la nascita di numerosi comitati elettorali e l’appoggio di rappresentanze di settore quali commercianti e industriali, anche la stampa comasca e alcune firme del Corriere della Sera sostennero la sua candidatura. Nel collegio il Circolo liberale gli oppose l’industriale Falk ma avversari più acerrimi furono i parroci e il prefetto coi quali Cermenati si scontrò direttamente durante una fitta serie di comizi elettorali su tutto il territorio.

Il successo fu davvero clamoroso per l’epoca: Mario Cermenati ottenne 5006 preferenze, 1200 in più del Falk, ma soprattutto sul piano nazionale fu superato in suffragi solo da Quaglino a Biella e da Filippo Turati a Milano.

Nella nuova veste Cermenati mise a disposizione della Camera dei Deputati la propria esperienza tecnica e professionale: si occupò di attività minerarie, di politiche forestali e della realizzazione della prima carta geologica d’Italia; si spese poi per i temi più cari alla democrazia storica, dall’edilizia scolastica all’abolizione dei dazi sui grani, dalla previdenza sociale alle istituzioni di mutuo soccorso.

Allo stesso tempo perseguì gli interessi del suo collegio occupandosi dei dazi sulle esportazioni dei formaggi, dell’elettrificazione della linea ferroviaria Milano-Lecco-Sondrio, del traforo dello Spluga. Il professore non abbandonò l’insegnamento anzi ottenne di poter svolgere i propri doveri didattici a titolo gratuito, inoltre inaugurò l’edizione dell’opera omnia vinciana presso il Ministero dell’Istruzione. Cermenati chiuse il primo anno da deputato con un tema di grande risonanza locale: diede infatti inizio al trasferimento del carcere di Lecco, ancora sito nella trecentesca e inadatta torre viscontea, in un nuovo e moderno edificio per la cui edificazione lo Stato assunse tutti gli oneri. Iscritto al gruppo radicale, Cermenati si mostrò indisciplinabile e spesso su posizioni diverse da quelle del suo partito, tanto che divennero celebri nella stampa specializzata i battibecchi tra il lecchese e il suo capogruppo.

Nel frattempo la compagine democratica continuava ad amministrare la città manzoniana e nel 1912 Ulisse Cermenati divenne sindaco.

Gli anni Dieci furono gli anni del riposizionamento costituzionale del partito radicale che dalla sinistra estrema, repubblicana e garibaldina, si avvicinò sempre più a sentimenti liberisti fino a confluire nelle maggioranze di governo giolittiane. E anche Cermenati non fu estraneo a questo percorso.

Nel 1913 Mario Cermenati ottenne una facile rielezione. Il destino volle che in agosto, durante la campagna elettorale, un violentissimo nubifragio coinvolse tutta la fascia orientale della provincia provocando ingenti danni. Il deputato, membro a Roma del consiglio superiore delle acque e foreste, poté facilmente predisporre immediati e urgenti lavori per i bacini di Pioverna, Varrone e Adda.

Dopo un anno scoppiò la prima guerra mondiale e l’irredentismo tuono anche nei discorsi di Cermenati. Tema da sempre caro al lecchese, e non a caso sempre maldisposto verso la Triplice Alleanza, trattò di irredentismo in odi e studi fin dagli anni dell’università e nel momento di prendere l’estrema decisione egli si servì della sua qualifica geologica per dimostrare la necessità di combattere al fine di assicurare il confine geografico naturale alla patria.

Decretata la mobilitazione generale, Mario Cermenati col grado di tenente si unì volontario al battaglione Edolo del V reggimento Alpini che raggiunse sull’Adamello. Prima di partire istituì nel suo collegio elettorale un’estesa e completa rete d’assistenza per le famiglie bisognose assicurandovi uno specifico contributo.

Dal fronte spedì a Roma numerose interrogazioni parlamentari e osservazioni circa i lavori pubblici da compiersi su quei monti a guerra terminata. Nel primo inverno di guerra il Cermenati venne colpito da una gravissima nefrite che lo costrinse a letto per mesi. Tra Lecco e Roma però non gli si poté rimproverare mancanza di senso del dovere che assolse con una frenetica attività epistolare.

Cartolina Elezioni Politiche 1921 - On. Mario CermenatiRiacquistò una buona salute solo nel 1917 e a metà anno gli venne assegnata la sua prima carica di governo, sottosegretario all’agricoltura, nomina che dopo vent’anni di collaborazioni con quello stesso ministero non lo colse impreparato. La sua attività però venne presto interrotta e, con il nuovo gabinetto Orlando, gli venne affidato il sottosegretariato del neonato Ministero per l’assistenza e le pensioni di guerra. Come primo provvedimento modificò i criteri per l’assegnazione delle pensioni portando da 4.000 a 15.000 gli aventi diritto. È sua la firma sulla riforma assistenziale approvata nell’ottobre 1918 mutuata dai testi già in vigore in Francia e Inghilterra e sperimentata con successo dal “Comitato lecchese per l’assistenza alle famiglie dei militari alle armi” che grazie a sottoscrizioni private distribuì sussidi almeno sino al 1921.

L’esperienza della guerra e i tumulti del 1919, i nuovi equilibri politici con l’avvento dei partiti di massa ed il nuovo sistema elettorale “proporzionale e allargato”, non garantirono una facile rielezione a Mario Cermenati. Nello specifico del (maxi)collegio Como-Sondrio si temeva la forte spinta socialista del comasco tanto che i vecchi avversari si allearono nel Fascio democratico-liberale, un “blocco moderato” eterogeneo e poco coerente. I risultati complessivi del collegio furono favorevolissimi ai socialisti, seguiti dai popolari mentre il blocco subì una cocente sconfitta fermandosi sotto il 10%. Nonostante ciò Cermenati ottenne un soddisfacente successo personale, a lui furono attribuite la quasi totalità delle preferenze della sua lista, oltre 12.000, e poté in questo modo tornare tra i banchi della Camera.

La forza di Cermenati nella sua provincia permise a questi territori di distinguersi dalla generale situazione nazionale di disordine sociale e manifestazioni pubbliche: il movimento operaio rimase acefalo proprio per l’influenza che il professore poteva vantare sia tra la classe operaia lecchese che tra gli imprenditori. Questi equilibri vennero confermati dalle elezioni amministrative del 1920 in cui a Lecco continuò il dominio incontrastato della democrazia mentre in provincia prese il sopravvento il partito socialista.

La vita di Cermenati si conclude con l’avvento del movimento fascista. Nel 1921 seguendo le correnti parlamentari, si iscrisse nelle liste del Blocco Nazionale in cui i partiti costituzionali accolsero gli squadristi. Gli esiti ricalcarono la precedente tornata elettorale; il lecchese ottenne inoltre la vicepresidenza del gruppo parlamentare della Democrazia sociale ma presto violenti problemi reumatici lo costrinsero a letto per molti mesi peggiorando costantemente la sua salute fino alla morte nel ottobre del 1924, pochi giorni prima del suo cinquantaseiesimo compleanno.

In questi ultimi anni Mario Cermenati proseguì l’attività scientifico-divulgativa, parve invece meno energica la sua azione politica, debilitato dai problemi di salute oltre che sconvolto dal senso di sbandamento che percorse il partito radicale più di tutti i partiti storici.

Di questo periodo si ricorda la visita del professore al neoeletto papa Pio XI Achille Ratti, amico di gioventù, e una lettera manoscritta del duce che lo esclude dalle nomine senatoriali senza però addurre motivazioni.

Spirato nella residenza di Castelgandolfo l’8 ottobre 1924, Lecco dedicò all’illustre concittadino l’allora piazza Cesare Battisti ed eresse una statua bronzea volutamente rivolta “spalle alla chiesa”. Requisita e fusa durante il secondo scontro bellico mondiale, resiste invece l’epigrafe originale composta dall’amico poeta Giovanni Bertacchi.

Tratto da:
Cesare Canepari, Mario Cermenati: professore e politico lecchese, elaborato finale del Corso di laurea in Scienze Storiche presso l’Università degli Studi di Milano.
A cura dell’autore.