TEATRO/PURE I FISICI SONO UMANI:
IL “MONOLOGO QUANTISTICO”
DI GABRIELLA GREISON A LECCO

LECCO – “Rendere la fisica un posto abitabile”, è questa la missione dell’instancabile Gabriella Greison, poliedrica scrittrice e giornalista, presente a Lecco martedì 27 novembre con 1927. Monologo quantistico. Una serata particolare, dato che si tratta della replica numero 150 di uno spettacolo in tournée da tre anni in Italia con grande successo.

La Greison si è inventata un genere letterario che unisce divulgazione scientifica e prosa di narrazione. I suoi romanzi sono dei bestseller perché agganciano l’attenzione del grande pubblico su alcuni episodi di quell’affascinante avventura che è la fisica del XX secolo: le chiacchiere e i tic durante una cena di gala (L’incredibile cena dei fisici quantistici 2016), il coraggio delle donne-scienziate (Sei donne che hanno cambiato il mondo 2017), un passatempo teatrale di fisici che diventa pretesto per dibattiti (Hotel Copenaghen 2018), il primo amore di Einstein sui banchi del Politecnico (Einstein e io 2018). E così i “mostri sacri” diventano più umani e più accessibili le loro complesse teorie. Da alcuni anni inoltre la Greison ha scoperto che anche il teatro può essere strumento e linguaggio efficace nell’opera di divulgazione. D’altra parte teatro e scienza si poggiano sul medesimo concetto del “vedere”: sullo sguardo contemplativo e spettacolare (quello del teatro) si può senz’altro inserire la visione intellettuale e speculativa della scienza. Basta trovare la formula giusta, e la Greison l’ha trovata.

Non ci propone quindi una lezione di fisica, ma un modo leggero per fare conoscenza con le personalità geniali della fisica. Tutto comincia da una fotografia. Bruxelles, Leopold Park, a pochi passi dall’attuale Parlamento Europeo, fine ottobre 1927. Davanti all’Istituto Internazionale di Fisica Solvay, sono schierati i fisici che partecipano al Quinto Congresso Solvay, un ritrovo triennale delle menti più brillanti. Una densità altissima di Premi Nobel, ben diciassette: alcuni l’hanno già in tasca, altri lo riceveranno. La fotografia è giustamente famosa, perché ha immortalato la squadra dei coraggiosi che hanno sconvolto la fisica tradizionale. Dopo questa foto il mondo non sarà più lo stesso.

La Greison ci porta a osservare i dettagli: era una giornata fredda, vediamo cappotti, cappelli e ombrelli. Ventenni e capelli bianchi, baffi spioventi, occhialetti, papillon. Alcuni si mettono in posa, altri sembrano insofferenti e distratti. Eccoli, sono le rockstar della fisica: all’epoca le prime pagine dei giornali si rubavano gli scoop sulle loro vite eccentriche e tutti li conoscevano. Oggi invece, a parte l’icona pop di Albert Einstein e forse la delicatezza di madame Curie, gli altri restano confinati ai libri di fisica. La Greison vuole invece scavare dietro questi profili e mostrarci gli uomini. Scopriamo così che Wolfgang Pauli era scorbutico, ipocondriaco e scaramantico; Erwin Schrödringer il più umano e anticonvenzionale; Marie Curie la più forte, diffamata per la sua relazione con Paul Langevin (per cui si veda anche il recente film Marie Curie: the courage of knowledge, 2017, di Marie Noelle, ). Ma soprattutto l’attenzione si focalizza sul duello di teorie fra Niels Bohr e Albert Einstein, che si conclude con le due frasi celeberrime: «Dio non gioca a dadi» (Einstein); «Smetti di dire a Dio che cosa fare» (Bohr).

Seppure la materia è il suo pane, la Greison non è un’attrice e a tratti si notano alcune ingenuità e un certo impaccio, e forse con un microfono il tutto sarebbe stato più godibile. Talvolta non può fare a meno di mostrarci delle formule e spiegarci con passione la meraviglia in esse racchiuse, ma apre e chiude velocemente questi inserti perché non vuole insistere sul didascalico. Quando la spiegazione (ad esempio il paradosso del gatto di Schrödinger) viene esplicitata con illustrazioni, voce off e termini tecnici, anche lo spettatore volenteroso si arrende, di fronte a un territorio per iniziati, ripromettendosi magari un approfondimento ulteriore. Per ora basta cogliere i guizzi di follia e di curiosità instancabile che hanno guidato questi scienziati ad aprire nuovi orizzonti. Fra l’altro, ci informa la Greison, la fisica quantistica ha sfiorato anche Lecco: nel settembre 1927, un mese prima dell’incontro di Bruxelles, i fisici si incontrarono a Como (Congresso Internazionale dei Fisici) per festeggiare i cento anni dalla morte di Alessandro Volta. Einstein non venne, per protesta contro il regime fascista (le celebrazioni si conclusero a Roma, davanti al Duce) e intanto Bohr preparò il campo per le sue teorie rivoluzionarie (principio di complementarità).

I momenti più felici dello spettacolo ruotano intorno agli aneddoti che danno spessore a queste personalità: i 25 goal subiti da Bohr in una partita di calcio come portiere, perché intanto si è ritirato in un angolo e scrive febbrilmente calcoli sul suo taccuino; la cena di gala insieme ai reali del Belgio, con Einstein divoratore di pane che non perde l’occasione per stuzzicare Bohr, mentre Louis De Broglie si diverte a costruire figurine con il formaggio… C’è poi la figura evanescente di Paul Dirac, alla ricerca di una formula esteticamente bella, così silenzioso che i colleghi buontemponi di Cambridge inventeranno il “dirac”, unità di misura della loquacità (1 dirac = 1 parola all’ora).

Proiettata sullo schermo, una frase di Einstein ci aveva accolti all’inizio dello spettacolo: “Tutti sanno che una cosa è impossibile. Poi arriva uno che non lo sa, e la fa”. Alla fine, per par condicio, compare una frase di Bohr: “Se pensate di aver capito qualcosa della fisica quantistica, non avete capito niente”. Sono simpatici, questi geniacci, si sente dire dal pubblico. Obiettivo raggiunto.

Gilda Tentorio

Immagine in evidenza dal sito Teatro sull’acqua