TEATRO/PAIATO-SCOMMEGNA:
DUE FUORICLASSE AL SOCIALE

due donne che ballano-phMarinaAlessi-carcano1LECCO – Una prova di grande teatro quella di martedì al Sociale di Lecco. In scena Due donne che ballano del drammaturgo catalano Josep Maria Benet I Jornet, nella produzione del Teatro Carcano di Milano. Da due anni questa messinscena viaggia per l’Italia e miete ovunque grandi consensi. Quali sono i punti di forza? Un testo potente e il contributo di tre grandi firme al femminile: una regia limpida che punta all’essenzialità (Veronica Cruciani) e due attrici fuoriclasse, Maria Paiato e Arianna Scommegna.

La scenografia mostra un interno un po’ d’antan: mobili poveri, pavimento a scacchi, una vetrata sporca che dà forse su un terrazzo. Il tutto, sopra una pedana in lieve pendenza. Un mondo precario, in un appartamento che «sta andando in pezzi», metafora di un mondo che si sgretola poco a poco. Grazie anche ai tagli di luce, che creano geometrie algide e malinconiche, il realismo della tranche de vie si trasfigura in riflessione profonda: la casa come specchio di un’interiorità alla vana ricerca di equilibrio.

due donne che ballano-phMarinaAlessi-carcano3L’anziana padrona di casa (Paiato), dal temperamento scontroso e irruente, per decisione della figlia verrà accudita nelle faccende domestiche da una giovane (Scommegna). Nella prima parte, protagonista assoluta è l’anziana, che si sfoga sull’estranea con frecciate ironiche, sgarbi e ruvidezze verbali. Come un felino studia il rivale a passi felpati e continue provocazioni, la vecchia sta attuando la sua strategia di attacco-difesa. Senza darlo a vedere, vuole cioè conoscere l’estranea, per cui prova un’istintiva simpatia, e al tempo stesso aprirle il proprio mondo. Ma dall’altra parte trova una donna indocile e chiusa. Il loro rapporto, tra scatti rabbiosi, frasi negate e improvvisi momenti di disgelo, è sempre sul crinale, con punte di comicità amara.

Il mondo dell’anziana, che non esce più di casa, è ormai limitato al tinello e l’unica ragione di vita sembra essere la sua collezione di fumetti. Manca solo un numero a completarla, e poi la “missione” sarà conclusa: avrà finalmente qualcosa di suo, di intero, un motivo per sentirsi realizzata. La donna giovane ride di questa ingenua e inutile mania, eppure ne è intenerita: sarà proprio lei a offrirle, con una gentilezza ruvida e scostante, il giornalino mancante, l’ultimo frammento per costruire una perfezione ideale. Troppo poco però per placare l’animo sofferente e colmare la solitudine di un’esistenza anonima e ingrigita dalla noia della routine: figli anaffettivi e indifferenti, lo spettro dell’Alzheimer e dell’ospizio.

due donne che ballano-phMarinaAlessi-carcano2Nella ciclicità degli incontri, fra un battibecco e l’altro, i muri e le corazze di difesa si allentano, e la giovane offre la chiave d’accesso alla sua tragedia personale: durante un banale litigio di coppia, il compagno ha accidentalmente colpito a morte il loro figlio di sei anni. Logorata dal senso di colpa e dalla disperazione, la donna è ormai indifferente ed estranea al mondo. Ma, nonostante il carattere difficile della vecchia e le porte sbattute più volte, c’è qualcosa che la riconduce qui: la sottile e inspiegabile attrazione per la condizione speculare di una vita svuotata di affetti e di senso.

Si scivola fatalmente verso un finale di condivisione. In una scena quasi comica, le due si ingozzano di pillole e mentre le risate si mescolano alle lacrime (disperazione e sollievo), si abbracciano per un ultimo ballo, sulle note delicate di Somethin’ Stupid, un momento che ha commosso il pubblico lecchese, strappando applausi a scena aperta. Le luci si affievoliscono, mentre le due volteggiano oltre la vetrata, nell’oscurità del terrazzo, nel buio della morte, gli occhi fissi l’una nell’altra, sorelle nell’inevitabile. Un pugno nello stomaco, reso dolcissimo grazie al respiro del grande Teatro.

Gilda Tentorio

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