AUTONOMIA IN LOMBARDIA:
CHE FINE HANNO FATTO
GLI ESITI DEL REFERENDUM?

Egregio Direttore, essendo ormai in campagna elettorale anche per quanto riguarda il rinnovo del Consiglio regionale della Lombardia, c’é da chiedersi almeno fra coloro che hanno conservato un barlume di memoria che fine abbia fatto la tanto sbandierata “Autonomia” che nel 2017 aveva chiamato ad esprimersi con un referendum consultivo i cittadini di Regione Lombardia. Il 22 0ttobre di quell’anno, la consultazione popolare sembrava essere solo una formalità che la democrazia rappresentativa frapponeva, burocraticamente, al raggiungimento di più ambiziosi traguardi. Un colpo d’ala e un salto di qualità che ancora stiamo aspettando.

Dalle nostre parti effettivamente c’é chi si chiede sommessamente ma con insistenza che fine abbiano fatto gli esiti del referendum in questione, visto che la presidenza della “Commissione Speciale Autonomia e riordino Autonomie Locali”, ancora oggi, fa capo ad un lecchese DOC. Nominato il 9 maggio 2018 in un certo partito, superata la metà del mandato é poi trasbordato nel settembre 2021, con armi e bagagli, in altra forza politica. Essendo maggiorenni e plurivaccinati poco ci impressiona il cambio di casacca ma quel che colpisce é il totale oblio calato sull’argomento. Un minimo di informazione istituzionale sarebbe invece dovuta ai cittadini che si sono scomodati verso i seggi ed espressi nel propagandato referendum consultivo. Certamente, a far luce sulla materia, non ha giovato il persistente silenzio del diretto interessato, decisamente più loquace e presente in altri più favorevoli frangenti. A dire il vero non gli si vogliono attribuire particolari responsabilità, vista la modesta Autonomia della già citata e poco operativa commissione regionale.

L’argomento, infatti, non ha incassato risultati apprezzabili neppure ai più alti livelli, quelli Romani per intenderci. Va precisato che lo stallo é avvenuto nonostante l’Accordo preliminare sottoscritto con il Governo già nel febbraio 2018. Da allora, forse a causa delle turbolenze parlamentari che hanno generato il susseguirsi di diversi esecutivi, anche in Lombardia si é rimasti alle buone intenzioni e l’Autonomia, anche differenziata, non si é proprio vista.

E’ davvero un peccato che il tema sia stato accantonato perché l’Accordo preliminare, sottoscritto dal Sottosegretario agli Affari regionali e dal Presidente della Regione Lombardia, a suo tempo, definiva i principi per l’attuazione dell’ art. 116 della Costituzione (“Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia) che per l’appunto prefigurava livelli significativi di Autogoverno in tema di lavoro, istruzione, salute, ambiente, rapporti internazionali e con l’Unione europea. Sono tutt’oggi in fiduciosa attesa anche le Regioni Emilia-Romagna e Veneto che avevano sottoscritto analoghi accordi ma anche loro dovranno aspettare tempi migliori.

Dopo ormai cinque anni di rinvii, l’instabilità internazionale e di governo, la sempre presente pandemia e le difficoltà registrate anche dall’economia interna, l’argomento sembra arrivato al punto di non ritorno tanto che nessuno ne parla e nessuno sembra voler rompere la consegna del silenzio che circonda la materia e pare accomunare strettamente la politica, gli strati sociali più interessati e gli organi di informazione a livello locale e nazionale.

L’autonomia differenziata delle regioni a statuto ordinario sembra, oggi, non interessare più a nessuno: eppure trattasi di una potestà riconosciuta dalla Costituzione a seguito della modifica avvenuta con la riforma del Titolo V approvata nel 2001. La necessità di dipanare la matassa dell’Autonomia, così come originariamente richiesto anche dalla nostra Regione, si é però impantanata fra i veti incrociati delle forze politiche e, di approfondimento in approfondimento nei meandri delle sempre complici commissioni parlamentari, é diventata una roba da addetti ai lavori. Un’occasione persa, salvo sorprese dell’ultimo mese.

Se ne riparlerà, c’é da scommetterci, fra qualche tempo a ridosso dell’appuntamento elettorale per elezioni politiche e il rinnovo del consiglio regionale della Lombardia che é stata il portabandiera dell’argomento ma le cui vere motivazioni devono essersi, evidentemente, perse per strada.

Considerazione finale. E’ bene ricordare che in Italia ci sono cinque regioni a statuto speciale a cui, da tempo immemore, sono garantite dal livello centrale particolari forme di Autonomia: dopo la seconda guerra mondiale c’erano diversi movimenti separatisti attivi in Italia e si temeva che disattendere le loro istanze potesse ostacolare il cammino verso una già fragile coesione nazionale. Lo Stato, a quel punto, anche per altre ragioni di carattere storico e geografico, dal 1948 ha consentito a Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna di autodeterminarsi largamente: da allora sono passati oltre 70 anni e i movimenti autonomisti almeno ufficialmente sono spariti ma i “privilegi” delle magnifiche 5 sono rimasti quelli di un tempo, mentre le regioni a statuto ordinario perché qualche forma di Autonomia gli sia concessa, chissà fino a quando dovranno attendere.

Claudio Baruffaldi

Già sindaco di Primaluna (1985-1995),
presidente Comunità Montana VVVR (1992-1996)
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POST SCRIPTUM
Quesito referendario sull’Autonomia della Regione Lombardia.

“Volete voi che la Regione Lombardia” in considerazione della sua specificità, nel quadro dell’unità nazionale, intraprenda le iniziative istituzionali necessarie per richiedere allo Stato l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, con le relative risorse, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione e con riferimento a ogni materia legislativa per cui tale procedimento sia ammesso in base all’articolo richiamato?”

– Referendum: Tipo/consultivo.
– Gli elettori chiamati al voto furono: 7.897.056 suddivisi in 1.523 comuni e in 9.224 sezioni elettorali;
– Affluenza 38,21;
– Risultati:
SI/96,02 %
NO/3,98 %

– Quorum: non previsto.