FESTA DELLA LIBERAZIONE,
L’ANPI CELEBRA COSTITUZIONE
E “LE DIVERSE RESISTENZE”.
I DISCORSI E IL VIDEO DA LECCO

LECCO – La città di Lecco si è raccolta al monumento ai Caduti della Resistenza di largo Montenero per ricordare il 76° anniversario della Liberazione dal nazifascismo. Alla deposizione delle Corone sono seguite la lettura del Decreto di conferimento della Medaglia d’argento al Comune di Lecco per l’attività partigiana e i discorsi istituzionali.

Nel rispetto delle norme antipandemia, hanno rappresentato la popolazione il sindaco Mauro Gattinoni, il prefetto Castrese De Rosa, il presidente della Provincia Claudio Usuelli e il presidente Anpi provinciale Enrico Avagnina.

Il discorso del presidente Anpi Enrico Avagnina

A nome dell’ANPI esprimo innanzi tutto l’omaggio ai caduti nella Guerra di Liberazione, a tutti coloro che sacrificarono la loro vita nella lotta per la conquista della libertà e della democrazia. Ringrazio il Sig. Sindaco, il Prefetto e il Questore, le Autorità Religiose, Civili e Militari e tutti coloro che ci onorano della loro presenza.
Una presenza che ogni 25 aprile aggiunge significato e autorevolezza a questo nostro incontrarci per compiere un atto di Memoria ovvero ricordare la Resistenza in un giusto equilibrio tra il dolore del ricordo e la gioia della Liberazione e riflettere soprattutto sulle attese e speranze di allora e su quanto di esse si sia realizzato.

In una città Medaglia d’Argento al Valore militare resistenziale, per il contributo delle sue “genti” è doveroso ricordare quali e quante voci, quante Resistenze contribuirono alla sconfitta del nazifascismo.

La Resistenza degli antifascisti, per loro questo impegno iniziò molti anni prima del 1943, perché come disse il presidente Sandro Pertini “la matrice della Resistenza è stata l’antifascismo, cioè la lotta iniziata negli anni venti”.

La Resistenza delle operaie e operai che nel 1943 e 1944 continuarono a scioperare per il salario e contro la guerra consapevoli dei rischi cui andavano incontro.

Gli stessi rischi che conoscevano molti giovani e uomini tra quei circa 600.000 militari (IMI) che dopo l’8 settembre rifiutarono di aderire all’invito dei tedeschi e dei repubblichini a collaborare, ricevendone in cambio non un trattamento come prigionieri di guerra, ma come schiavi, internati nei lager, dai quali molti non fecero ritorno.

E non meno importanza hanno avuto tutti coloro che rifiutarono la guerra e che comprendiamo nel concetto di “Resistenza non armata”: le donne che affrontarono la pericolosa attività di staffetta o furono soccorritrici di prigionieri e di feriti, i sacerdoti che cercarono di difendere le popolazioni da violenze e brutalità.
Quelle violenze a cui si sottrassero i giovani renitenti alla leva che al richiamo della R.S.I. si trasformarono in sbandati, rischiando l’arresto e le peggiori conseguenze e che in molti si unirono alle bande partigiane che si andavano formando sulle montagne e nelle città, che con le loro azioni armate contribuirono alla sconfitta del nazi-fascismo.

Il 25 aprile è un momento di intenso ricordo verso coloro che non ci sono più, verso coloro che ancora sopravvivono e ci aiutano con le loro memorie, ma soprattutto è un ricordo nei confronti di coloro che dettero vita non solo alla Liberazione ma anche alla rinascita dell’Italia ed alla preparazione di una Costituzione che uscisse dalla Resistenza, nel grande incontro tra persone tanto diverse per ideologia, per conoscenza, per provenienza, per cultura, per formazione, ma tutte concordi, anche nei momenti più difficili, nel puntare tutto sulla riconquista della libertà e la costituzione di un sistema fondato sulla persona umana, su i suoi diritti imprescindibili: istruzione , salute e sia sui doveri inderogabili a partire dalla solidarietà.

Oggi siamo tristi per le vittime della pandemia per i loro famigliari, per i disoccupati, per le ragazze e i ragazzi che vivono la loro età isolati con una istruzione non del tutto formativa. Inoltre per la nostra storia di Associazione per il debito morale che sentiamo nei confronti di questi uomini e donne caduti per la libertà, oggi è difficile mantenere quell’equilibrio tra il dolore della perdita e la gioia della festa, ci assale un sentimento di sconforto, di inadeguatezza per non aver saputo difendere maggiormente le conquiste sociali e morali consegnateci con la Costituzione, non aver saputo creare e difendere le condizioni materiali affinché quei diritti inviolabili dell’art.2 fossero sempre al centro dell’impalcatura sociale della nostra Repubblica.

Oggi come un anno fa è difficile “festeggiare” ma è ancor più doveroso riflettere, dobbiamo guardarci attorno e pensare al futuro. Ad un domani che però non può avere i caratteri di un ritorno alla “normalità” di ieri, se questa normalità è quella che ha caratterizzato la nostra sanità pubblica, la nostra pubblica istruzione, il nostro mondo del lavoro. Noi amiamo troppo la Costituzione per vederla così disattesa.

Sappiamo che toccherà ancora una volta alle donne e uomini più consapevoli e solidali prendere in mano il destino proprio e quello della nazione, per non ritornare a quella normalità che ha visto crescere vergognosamente disuguaglianze e povertà, a quella normalità che vede la nostra penisola protendersi nel Mediterraneo come una
fortezza arroccata e non come un braccio teso a trarre in salvo ed accogliere ricchezza umana.

Non possiamo nella “normalità” continuare a disattendere quei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” che ci indica l’art. 2 , che spingono il singolo ad uscire da una posizione di difesa egoistica dei propri interessi, per assumere un ruolo di membro responsabile della collettività.
Ma altrettanto dovrebbero indirizzare la classe politica e dirigente verso una ferma opposizione a livello Europeo contro quella vergognosa “avidità” del mercato mondiale dei farmaci, che seleziona ad arbitrio “i sommersi e i salvati”, una opposizione che costruisca la strada per un accesso universale e gratuito ai vaccini.

Qui di fronte a questo monumento, di fronte a voi che in molti casi avete vissuto in famiglie , colpite da lutti per una guerra trentennale che dal ‘15 al ‘45 ha attraversato l’Europa; di fronte a voi che siete stati costretti contro la violenza fascista ad impugnare strumenti di guerra per i quali non avevate studiato, non avevate lavorato è di fronte a voi che con il vostro sacrificio avete ispirato l’art. 11 della Costituzione, che ci impegniamo per opporci a quella “normalità” che prevede una spesa militare 17 volte maggiore rispetto a quella prevista per il Ministero della Salute.

Se siamo usciti da un dopoguerra difficilissimo, dopo il 25 aprile 1945 se abbiamo dato vita ad una Costituzione tra le più avanzate del mondo, sappiamo oggi che dovremo fare altrettanto anche questa volta, per consegnare ai nostri figli e nipoti, un Paese libero, uguale e solidale, esportatore di pace contro ogni forma di odio, di fascismo e di razzismo.