TEATRO/ALESSANDRO PREZIOSI
DIVENTA IL TITANO PROMETEO

1_A.PreziosiLECCO – “Bello e bravo”: unanime è il giudizio del pubblico, soprattutto femminile, all’uscita dal Cineteatro Palladium la sera del 13 dicembre. Lui è l’attore Alessandro Preziosi, volto noto di numerosi film e serie TV: è stato amante passionale (Elisa di Rivombrosa), ma anche ispettore di polizia (commissario De Luca), santo (Agostino), artista (Brunelleschi) e non solo. A teatro suoi cavalli di battaglia sono Amleto e Cyrano, e dal 2013 veste i panni di Prometeo, portando in giro per l’Italia un reading non facile e di notevole spessore.

Si tratta di un percorso antologico di grandi autori che hanno dedicato pagine intense al famoso personaggio mitico (adattamento di Tommaso Mattei). Eppure le fonti sembrano dialogare a distanza, antico e moderno mostrano inaspettate contiguità e Preziosi è capace di sottolineare le trame dei rimandi, in un flusso recitativo continuo e screziato. La voce è profonda, straziata dal dolore o beffarda, si fa grido di denuncia oppure esplode in urla di trionfo. Accanto a lui, il dj Paky Di Maio accompagna la lettura con un sottofondo vibrante di musica elettronica, fatta di sfrigolii, vortici sonori, atmosfere solenni, che proiettano le parole in un orizzonte arcano e primordiale.

Fil rouge è naturalmente la tragedia di Eschilo (460 a.C.). Il Titano è inchiodato alle rupi del Caucaso, con il fegato divorato ogni giorno da un’aquila: supplizio terribile voluto da Zeus, che lo punì per aver donato il fuoco agli uomini. Un eroe positivo quindi. Il suo “delitto divino fu di essere gentile”, sottolinea infatti Lord Byron (1816). Prima del fuoco, l’umanità viveva come “ombra di sogno”. In modo inatteso queste parole di Eschilo offrono il la ai versi della filosofa Simone Weil (1938), un inno ai benefici del fuoco, “erede dei bagliori del tramonto”, protagonista di riti ancestrali come pure delle piccole cerimonie quotidiane: la lucerna che illumina la mensa, il pane che cuoce, il ferro ardente che si piega al volere dell’artigiano, fino alla catena interminabile del progresso della conoscenza.

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Grazie a Prometeo insomma nasce l’homo faber, artefice del proprio destino. Se l’uomo trionfa, il Titano intanto patisce inchiodato alle rupi del Caucaso, e Preziosi ulula il suo dolore spalancando le braccia, quasi novello Cristo. Ed è alla prossima venuta del Messia che fa riferimento San Paolo, annunciando l’annientamento del Male, ma a stupire è anche il passo di Genesi: il serpente sibila ad Adamo ed Eva i vantaggi della conoscenza, accessibile solo violando il divieto divino, e ricorda in un certo senso Prometeo, che si oppone all’autorità divina per permettere all’uomo di accedere alla scintilla della ragione. Applausi a scena aperta scrosciano per i versi “titanici” di Goethe (1789). Il suo Prometeo ha la forza del dio-uomo che si ribella con sdegno a ogni regime dispotico. Contro un cielo che è sempre stato muto e si rivela soltanto nella sua spietatezza, il Titano, alter ego del poeta, oppone lo slancio creativo, libero da ogni autorità condizionante. Zeus non potrà uccidere Prometeo.

Al termine, Preziosi smette per un attimo i panni di Prometeo e si rivolge al pubblico, con l’invito a uno “sforzo titanico”: dobbiamo ricordare quando nelle tenebre primordiali, i nostri avi per la prima volta, fra i bagliori del fuoco, riconobbero il volto dell’Altro e si strinsero insieme contro i pericoli della notte. La scintilla del fuoco e della ragione si esplica anche nella riscoperta del guardare e del guardarsi, nella gioia della condivisione. Un augurio per l’anno nuovo, a teatro e non solo.

Gilda Tentorio

Immagini da qui e qui