L’INTERVENTO. BARUFFALDI
E I GIORNALI CARTACEI:
“CERTA STAMPA…”

Caro Direttore, ancora felicemente frastornato dall’impresa della “Calcio Lecco” e intriso di quella lecchesità che traspare e ci avvolge scorrendo le pagine anche virtuali della cosiddetta carta stampata vorrei affidarle qualche considerazione e proprio di quest’ultima vorrei parlare, convinto come sono che il favorevole frangente contribuisca a farmi leggere in modo positivo e senza i sempre possibili retropensieri così cari a qualcuno dei miei interlocutori di un tempo ormai andato.

Nei miei primi 50 anni passati sui marciapiedi della politica, prima come semplice iscritto alla “Balena bianca” e poi come pubblico amministratore, ho giocoforza incrociato le segreterie dei partiti ma anche le redazioni dei giornali locali, soprattutto quando erano sostanzialmente solo un paio a farla da padrone: ricordo che da sindaco di Primaluna ma anche da amministratore in Comunità Montana Valsassina, in Provincia e poi in Comune a Lecco, non avendo in organico l’addetto stampa, per quanto mi riguardava ho presto imparato a fare i comunicati e a tenere personalmente i rapporti con i giornalisti sempre a caccia di notizie. Fiducioso come lo può essere un neofita ancora memore dei dettami del catechismo di paese e confidando nella discrezione altrui ho, però, presto dovuto arrendermi all’idea che in tali labili contesti le confidenze giornalistiche duravano, nel migliore dei casi, un batter di ciglia e poi i “segreti” piccoli o grandi te li trovavi sbattuti in prima pagina o poco più giù. Nulla di grave, certo. Ho però imparato subito che chi fa da sé fa per tre e a restituire pan per focaccia, anche professionalmente.

Dopo la doverosa premessa mi spiace davvero constatare come più di qualcuno, nel settore, si ostini a non voler considerare come il mondo, anche quello dell’Informazione e della Comunicazione, sia radicalmente cambiato e come le tecnologie più moderne abbiano di fatto ribaltato il rapporto di forza tra gli addetti ai lavori e chi ha in mano le notizie che, memore di qualche sgarbo subito dalla soverchia e altrui alterigia, ovviamente, oggi, preferisce darle a chi pubblica in tempo reale e la notizia, se serve, l’aggiorna una mezza dozzina di volte nelle 24 ore e in una settimana può approfondire con maggiore agilità, più e più volte, ogni evento e quanto sopra sommariamente descritto. Le già citate nuove tecnologie lungi dall’ essere considerate come “il diavolo” si sappia che, al contrario, rappresentano il frutto del lavoro e della ricerca di altri uomini e donne che in questo settore si sono distinti e continuano a lavorare in favore dei destinatari delle notizie stesse, cioè i cittadini del Belpaese. Dicesi evoluzione, progresso. Anche a casa nostra funziona così, perciò nessuno si offenda e nemmeno cerchi di “forzare” il rapporto con maldestre punzecchiature: a maggior ragione, chi le notizie le ha continuerà a darle a chi gli pare e soprattutto quando gli pare. Del resto nessuno crede agli smodati vantaggi che gli deriverebbero dall’affidare in via prioritaria le più gustose primizie di stampa a chi, in passato, faceva il bello e il cattivo tempo. I tempi sono cambiati. Così va il mondo. Liberi tutti!

Capisco, infine, ma non giustifico, come ognuno vorrebbe essere il primo ed esclusivo destinatario dei comunicati stampa che le pubbliche amministrazioni e le forze politiche partoriscono spesso e volentieri ma il quadro di riferimento sopra accennato, si rassegnino, non lo consente più e sappiano altresì che nessuno si impressiona per qualche “arguto segnale” che vorrebbe essere anche intelligente ma che, in realtà, contribuisce soltanto a irrigidire i rapporti e a cristallizzare la condizione di subalternità oggettiva in cui qualcuno si trova ad operare. C’è chi è destinato ad arrivare secondo o terzo, il che vuol dire essere ancora in zona medaglia ma come è ormai assodato anche nel mondo giornalistico, il primo resta nella Storia e il secondo o peggio il terzo sono presto destinati all’oblio.

In qualche caso neppure rispettano il diritto di replica ma comprendendo il loro imbarazzo, da ex collega, per una volta, Transeat. Ma che sia solo una volta!

Con immutata Amicizia.

Claudio Baruffaldi