RELIGIONI, LA MEDITAZIONE
DI DON GIOVANNI MILANI
NELLA 11ª DOMENICA
DOPO PENTECOSTE

Gesù è nel tempio a insegnare, circondato dall’astio polemico dei sommi sacerdoti, degli anziani del popolo (con l’aggiunta poi dei farisei); propone – come sovente – tre parabole dirette a rimarcare il loro ingiusto ed oppressivo dominio sulla gente. La nostra è la seconda e, come già la prima, è centrata sull’evocativa immagine della vigna.
Ne conosciamo bene l’importanza nell’ambiente mediterraneo, un poco a tutti noi è ben nota la cura, l’attesa e sarà occorso ammirare l’appassionato e faticoso lavoro del vignaiolo.

E immediati ci salgono anche i ricordi dalla Scrittura: chi non ricorda la tenace eredità dei padri della vigna di Nabot? E Isaia? Nella descrizione iniziale della parabola, troviamo, quasi a diretto calco, riferimento al “cantico per la vigna” appunto di Isaia. La cura di quell’uomo che possedeva un terreno nella parabola, è la stessa del Signore degli eserciti nel cantico del profeta, ne costituisce ripresa: “la circondò con una siepe”, attenzione di riparo e di esclusiva proprietà, ci pose torchio e torre; evidente il richiamo e in questo l’identico impegno, di sempre, del Signore per il suo popolo.

Tutto poi viene affidato – non certo abbandonato – a contadini; loro tentano, in modo così violento, diventarne padroni. Nell’esempio troviamo l’insistenza tenace e speranzosa di ottenerne i frutti sino all’invio del Figlio. Precisa e allusiva, qui, la descrizione dell’uccisione: fuori dalla vigna, fuori dalla città. La parabola ci porta con forte evidenza alla vicenda d’Israele, all’antico nei profeti, e ancora insieme, all’imminente compimento storico in quella dello stesso Gesù; sarebbe però errore fermarci qui.

La parola – che è giudizio profetico – non copre solo il passato; se suona evidente condanna per le gestioni opprimenti ed interessate di sommi sacerdoti, scribi e pretesi spiritualisti farisei (che caricano di faticose, aggiunte tradizioni esteriori, allontanandosi da un culto “in spirito e verità”) rimane monito ancor per noi a non affidarci a gesti religiosi, ma a ricerca sincera e fattiva del Signore. Gesù aggiunge alla parabola (dopo la provocazione della domanda e la scontata risposta) il riferimento alla solidità della pietra misconosciuta costruttori di pretesa, eppure ben adatta e solida: uno scarto che diventa fondamento.

Quante volte il Signore ha operato scelte impensate, umanamente di scarto, per donare forte nuova di salvezza.
Certo il riferimento ultimo è al Signore Gesù “scartato” – non solo riprovato – addirittura ucciso sulla croce da quegli stessi cui, possiamo dire, era stata affidata la vigna, quei maggiorenti che hanno occupato un potere che si è allontanato dall’alleanza per tradizioni distanti dalla verità di Dio. Sono loro, i capi, che saranno schiacciati dalla terribile pietra di fondamento nuovo e solido, della costruzione vera del Signore.

La vicenda della vigna non si limita al passato, ancor oggi le predicazioni mondane di salvezza fanno riferimento opposto al Signore, tese a manipolare le persone quanto gli antichi sommi sacerdoti e capi; se non è più il modo di allora le mire rimangono basse e di controllo interessato. Anche oggi chi vuol seguire Gesù, non può fare riferimento
alle appariscenti e fittizie proposte mondane, ma proprio a quella pietra scartata che è di fondamento angolare perché è lo stesso Signore.

 

Don Giovanni Milani