LECCO/LA TRAPPOLA DEI RIFIUTI,
L’ESPERIENZA BRESCIANA
COL TELERISCALDAMENTO DAL ’74

marino ruzzenentiLECCO – “Il teleriscaldamento a rifiuti è una trappola tecnologica, state attenti a non cascarci. E soprattutto, finché siete in tempo, non costruitela”. Marino Ruzzenenti, ricercatore e storico dell’ambiente, ospite del Coordinamento lecchese Rifiuti zero nell’ambito dell’iniziativa intitolata “Inceneritore e teleriscaldamento, prospettive ambientali ed economiche” di mercoledì 26 aprile, è arrivato dritto al punto.

Forte dell’esperienza della città Brescia, dove sorge uno dei più grandi forni inceneritori d’Italia (quasi 800mila tonnellate di rifiuti inceneriti ogni anno) gestito dalla multiutility A2a, Ruzzenenti ha illustrato ai lecchesi le “principali criticità” del progetto che Silea Spa vorrebbe replicare, seppur su scala minore, in una parte del territorio provinciale. Un progetto contestato dal Coordinamento lecchese che, attraverso il suo portavoce Gianni Gerosa, ha proiettato in sala per la prima volta un breve video che mette in fila tutte le ragioni dell’opposizione all’investimento sul forno e il valore di un modello orientato invece all’economia “circolare”.

A Brescia il teleriscaldamento è nato nel lontano 1974 – ha spiegato il ricercatore -. All’inizio era stato immaginato in piccolo, con una caldaia a metano che si accendeva nel periodo invernale. Poi, con il passare degli anni, ad alimentare la rete si è aggiunta una centrale e carbone e il forno inceneritore”. Risultato? Oggi Brescia conta 660 chilometri di tubazioni dedicate al teleriscaldamento e nel 2012 si è già iniziato il rifacimento della rete, “che significa ribaltare un’intera città“, ha aggiunto Ruzzenenti.

“Un sistema così, che ti rende impiccato all’incenerimento dei rifiuti e così condizionato in termini di libertà di scelta del gestore o delle fonti di approvvigionamento energetico, è esattamente contrario allo sviluppo delle fonti rinnovabili, come è il caso del solare termico che potrebbe scaldare l’acqua di numerose famiglie e che invece è sacrificato agli interessi di chi scalda l’acqua con i rifiuti”, ha spiegato.

marino ruzzenenti teleriscaldamento 1E se il teleriscaldamento è nemico delle rinnovabili, secondo Ruzzenenti, l’inceneritore è nemico della raccolta differenziata. L’esperienza di Brescia “lo dimostra”: “nel 2012 la città ha fatto registrare una percentuale di differenziata del 45,3%. Nel 2015 siamo appena al 53,6,65%”. “Gli effetti di questo modello si manifestano anche sul versante della salute – ha continuato -. Nel 2008 Brescia è stata la città europea più inquinata mentre nel 2017, stando all’Organizzazione mondiale della Sanità, è stata la prima in Europa occidentale, 48esima a livello mondiale, per concentrazione di Pm 2,5”.

Sulla stessa lunghezza d’onda è stato anche l’intervento dell’ingegner Massimo Cerani, ingegnere esperto di tecniche di gestione dei rifiuti. A Lecco, ha raccontato, aveva già lavorato sul tema dei rifiuti ben 17 anni fa. “E prendo atto che avete ancora il sacco viola”, ha scherzato Cerani a proposito della raccolta non separata di carta e alluminio in provincia. “Il teleriscaldamento poteva essere un’idea all’avanguardia 35 anni fa – ha spiegato – ma oggi è una tecnologia superata”. Perché? Un motivo è legato alla “proprietà della centrale di produzione”. L’evoluzione economica ed energetica mondiale guarda alla moltiplicazione della produzione, anche su piccola scala autonoma e attraverso cooperative, ha sintetizzato Cerani. Il teleriscaldamento, invece, concentra in poche mani questa voce e riporta a bruciare nelle città combustibili “sporchi” (come rifiuti) che dovrebbero invece esserne espulsi sotto questa forma.

marino ruzzenenti teleriscaldamento“Perché non lavorare verso l’utente, privilegiando politiche di efficienza, risparmio energetico, riduzione dei fabbisogni, progettazione virtuosa degli edifici?”, si è domandato retoricamente l’ingegnere.

Il Coordinamento gli aveva chiesto di studiare il “caso lecchese“, che lui ha fotografato in questo modo. Ciascun abitante della Provincia di Lecco produce oggi 150 chilogrammi di rifiuto indifferenziato all’anno, in città di Lecco addirittura 180. Con la tariffa puntuale, che riduce il residuo e spinge all’aumento della differenziata, potreste tranquillamente perdere 30mila tonnellate di rifiuto prodotto. Come si alimenterebbe il forno inceneritore di Valmadrera? Importando rifiuti ancora?”.

La chiave è il teleriscaldamento? Secondo Cerani, “no”. In una slide ha infatti messo a confronto il “vantaggio energetico” atteso con il teleriscaldamento rispetto alla produzione generata. “Stiamo parlando dell’1,61% in più, che crolla a un -54% se paragonato alla miglior tecnologia a disposizione per fare calore ed elettricità. Quindi non c’è nessun vantaggio, anzi“.