ARTE/A BERGAMO ITALO CHIODI
IN “VIA MORONI SEDICI”

CHIOD5BERGAMO – Semi? Natura? Elementi reali? Ma il Blu?.. Sono code? E quei soldatini schiacciati in un quadrato? E’ allestita nella graziosa galleria di Via Moroni 16 a Bergamo l’ultima esposizione dei “Semi” di Italo Chiodi, artista e trascinante didatta all’Accademia di Brera di Milano.

Prende il titolo di “Interferenze Visive” questa particolare famiglia di opere che rispondono perfettamente al cuore della poetica di Italo. Instancabile lottatore, comunicatore senza riserve. Accoglie i “pubblici” allo stesso modo, con la sua irrefrenabile gentilezza mista a una buona dose di ironia intelligente. Non tace e non impone il silenzio, come spesso accade nelle gallerie, dove la gente, spaesata, esce pensando all’aperitivo, ci riceve invece con il racconto che tutti vorremmo ascoltare, quello improvvisato, spontaneo e vero sull’origine della sua idea.

CHIODI1Ci dice che “seminare” risponde al verbo “lottare” e che chi semina spesso non vede e non vedrà forse mai i frutti meritati; ci stuzzica con quel suo “blu” arrivato per caso ma non privo di senso, poiché altri ne sono già stati vittima (pensiamo alle donne di Klein) e ci provoca facendoci pensare che l’arte in fondo non ha più senso se si ferma alla rappresentazione senza essere figlia di una nuova veduta delle cose. E nel discorso che rapisce i nostri sguardi non elude la fase progettuale, che ricorda, parte sempre dalla realtà e dalla profonda capacità di saper vedere ogni più piccolo dettaglio. Certamente si tratta di “piccolo” quando si considera un seme, e magari ci si spaventa davanti al lavoro massacrante e spesso non riconosciuto del “seminatore”, ma non bisogna mai dimenticarsi che un giorno, il giorno dei nostri figli, esso sarà metaforicamente il loro albero, dove attingere frutti, ombra, legna per l’inverno.

CHIOD2Italo ci offre questo importante pensiero che inevitabilmente si radica nella realtà odierna, dove tutti pensiamo a difendere il nostro seme senza preoccuparci del futuro e di quello che diventerà, senza trasformarlo in una vita, perché sentiamo che manca la possibilità di investire nel futuro.

Questa mostra diventa quindi un esempio di “coraggio e provocazione”, termini tanto cari a Mario Rigoni Stern, non solo un gioco di sguardi che si perdono nella geometria di linee e forme “surregolari” ma un momento per riflettere sul seme stesso della nostra esistenza. E per finire un ricordo e un pensiero al capitolo infinito delle guerre, con quei soldatini che rimangono senza ossigeno, incastrati perfettamente in un quadrato così leggero e così visivamente pesante.

Il resto è contenuto nella mente di ogni visitatore, così come è giusto che sia davanti all’arte contemporanea, che non è sinonimo di astrazione o incomprensione ma di libertà del nostro tempo artistico e come diceva un grande Papa a tal proposito, “l’arte non serve a niente, se non a dare un senso alla vita”.

Michele Casadio