GALBIATE RICORDA LA GUERRA PARTIGIANA IN VALSASSINA

GALBIATE PARTIGIANI VALSASSINA (7)GALBIATE – I volti dei giovanissimi partigiani delle nostre montagne e i luoghi, baite e sentieri, dove si rifugiarono ma dove, in tanti casi trovarono la morte, sono stati protagonisti di una serata al circolo Arci di Galbiate.

All’interno della rassegna curata da Resist Lecco in vista del 25 Aprile, Eugenio Pirovano e Gabriele Fontana dell’Associazione Banlieue hanno proiettato il video “Il percorso delle Brigate Garibaldine da Lecco  Introbio”, a cui è seguito un approfondimento sulla Guerra Partigiana in Valsassina.

GALBIATE PARTIGIANI VALSASSINA (10)Un viaggio che tocca località note (Barzio, Piani d’Erna, Artvaggio, Bobbio, Cortenova, Cremeno, Introbio, Val Biandino..) teatro di lontani fatti tragici ed eroici, anche se, attraverso interviste ad ex partigiani, lettere private e vecchie foto, si delinea un’immagine molto umana della Resistenza. Organizzare delle bande armate in montagna non fu infatti per niente facile: dopo l’8 settembre del 1943 si radunano in Erna, oltre ad antifascisti in fuga dai campi di prigionia, moltissimi renitenti alla Leva della Repubblica Sociale italiana. Ragazzi di 17-20 anni, che erano nati sotto il Fascio, e semplicemente fuggivano l’idea di combattere ancora.

Così, con difficoltà, si formò la banda Carlo Pisacane, dispersa durante un rastrellamento ad ottobre e ricomposta in Val Brembana, a Santa Brigida, con l’aiuto di comunisti bergamaschi e base nel Baitone della Pianca. Qui trovò rifugio anche la più strutturata delle formazioni partigiane, la 55° brigata F.lli Rosselli, che occupò quasi l’intera Valsassina. Al Baitone si consumò però anche l’agguato della Brigata Nera “Cesare Rodini”: 36 partigiani catturati, di cui una quindicina fucilati tra i cimiteri di Barzio e Cremeno.

GALBIATE PARTIGIANI VALSASSINA (8)Una Resistenza difficile e semplice al tempo stesso, fatta di nomi e soprannomi, e scontri anche con la popolazione: bastava infatti far terra bruciata intorno ai partigiani, per metterli in ginocchio, creando così fratture anche con i contadini, che si vedevano distrutti i granai e i fienili. Per questo i preti, quasi tutti dichiaratamente schierati a favore dei partigiani, spesso erano utilizzati negli accordi con i tedeschi, come mediatori, perché in cambio di una tregua non venissero sospesi i rifornimenti che dalla valle venivano portati, durante l’inverno, fin sugli alpeggi. La popolazione però fu generalmente solidale con i combattenti, e vide nella donna una risorsa importante: dalle sorelle Villa che organizzarono il Comitato di Lecco, a Francesca Ciceri “Vera” comunista, alle tante le ‘fidanzate’, tacciate anche di essere ‘cattive ragazze’, che rischiarono la vita per avvertire i loro amati. E infine le mamme, invocate in punto di morte, da dei ragazzini fucilati in nome di una grande causa e di cui oggi rimane solo qualche lapide.
Con sconforto infatti è emerso come, a distanza di 60 anni, si parli ancora in termini generali: per troppi anni si è accettato un racconto che zoppicava e tanti sono i personaggi dimenticati che avrebbero meritato ben altro.

Chiara Vassena