Nei discorsi dell’ultima cena – comunicare supremo di Gesù ai discepoli – è assai presente lo Spirito santo come vediamo anche nella promessa che ne fa il nostro brano.
Benché non sia molto avvertito nel pensiero corrente dei cristiani, lo Spirito è presente ad ogni azione della Chiesa, all’agire, alla preghiera, ad ogni gesto che si compia proprio da cristiani: “è lo Spirito della verità che procede dal Padre” e che, come già ha affermato il Signore Gesù ci è proveniente dal Padre (“io vi manderò dal Padre”).
Dobbiamo tenere presente che lo Spirito non è, né possiamo pensarlo, come indipendente, separato dall’azione di Gesù: è invece inscindibilmente unito a Gesù come al Padre: ne è la verità, esprime la fedeltà continua all’incarnazione e al mandato del Padre.
Come abbiamo visto, Gesù chiama Paraclito “lo Spirito della verità che procede dal Padre”; ben conosciamo ormai questo termine che, letteralmente, dice sia chiamato accanto, e spesso, è reso come consolatore nei nostri fragili confronti. Il Signore Gesù dice di lui che – in quell’indissolubile legame che lo lega a sé quanto al Padre – darà testimonianza.
Il compito primo, d’assistenza e consolazione presso noi dello Spirito, è nel dare testimonianza di Gesù, della sua azione di salvezza, di senso nuovo, della nostra vita di discepoli suoi.
È proprio nell’assistenza, nell’ispirazione dello Spirito santo, che potremo anche noi portare la nostra testimonianza al Signore Gesù.
Il Signore esorta a non inciampare nello scandalo quando il suo messaggio, il suo vangelo, potrà diventare per il discepolo causa di ostracismi e persecuzioni fino alla morte (“Vi scacceranno dalle sinagoghe … chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio”). L’esortazione è evidentemente conseguenza della promessa dello Spirito, lo Spirito consolatore che dona la pace ai cuori, infonde serenità nei tempi avversi, conduce alla gioia delle cose di Dio.
Questa liturgia è certo richiamo alla testimonianza interiore dello Spirito santo, non solamente perché gliene siamo riconoscenti per un’eventuale nostra testimonianza; è decisa esortazione alla testimonianza del Signore Gesù con la nostra vita.
A noi non è drammaticamente imposto l’ostracismo religioso dell’allontanamento dalla sinagoga, nemmeno rischiamo la vita per Gesù e il suo vangelo, tuttavia, ogni giorno, la nostra vita naviga nelle indifferenze e negazioni dei valori cristiani cui dobbiamo esprimere la nostra adesione con l’ordinaria coerente mitezza del vivere, perseguire valori di pace e concordia che sottilmente diventino luce per chi ci sta attorno, per ogni uomo che il sacrificio di croce di Cristo, vuole innalzare a sé.
Don Giovanni Milani