“BIAS IN PRIMA PAGINA”: GD LECCO SU GIORNALISMO E VIOLENZA DI GENERE

LECCO – Il crescente numero dei casi di violenza di genere, insieme alla loro inquietante ricorrenza con cui si dispiegano, ha spinto la stampa a rivolgere maggiore attenzione al fenomeno. Tuttavia, i Giovani Dem lecchesi, in occasione della Giornata Internazionale al contrasto della violenza di genere, sottolineano come tale incremento di interesse non sia stato accompagnato da una trattazione adeguata, capace di approfondire la complessità del problema con rigore analitico e responsabilità narrativa.

Spesso nella narrazione dei reati di violenza di genere l’attenzione giornalistica non viene posta sulla vittima, ma su dettagli macabri e notizie per lo più irrilevanti, al solo scopo di solleticare l’attenzione dell’opinione pubblica. La chiamano “pornografia del dolore” e consiste nella pubblicazione di contenuti – articoli, foto, video, etc. – che sfruttano traumi altrui per generare scalpore o attenzione. Questo fenomeno, ottimo per incrementare l’audience, offre così una narrazione che, invece di analizzare il macro fenomeno sistemico e strutturale della violenza di genere, si concentra in maniera malsana sui dettagli dei singoli casi di violenza, mettendo in ombra la figura della vittima.

Nella cronaca le vittime appaiono quasi accessorie rispetto alla predominanza della figura dei loro carnefici; la soggettività viene loro negata relegandole ad oggetto passivo cui si imputa imprudenza. Quando il giornalismo (implicitamente o meno) sottintende che il femminicidio può essere ricondotto al comportamento della vittima si parla di victim blaming, una dinamica atta a spostare l’enfasi dall’aggressore alla vittima, empatizzando con il primo ponendo l’innocente sotto processo.

La figura dell’aggressore o dell’omicida assume inoltre un ruolo predominante in un giornalismo che riporta elementi della sua vita canonica precedente all’accaduto, a voler sottolineare l’eccezionalità del caso. In altri casi l’offender appare, al contrario, un “mostro”, insistendo sulle attenuanti psichiatriche o l’impotenza di fronte ai più atavici istinti naturali, con il risultato di disumanizzare. In questo modo “la penna assolve il carnefice”, perdendo così il vero perimetro femminicida e violento, sminuendo il profilo criminale e di conseguenza anche la responsabilità.
“Particolari morbosi, parole equivoche, eufemismi sono solo alcuni degli strumenti utilizzati per distorcere il contesto della violenza e per descrivere l’episodio come sporadico, anziché come sintomo di un sistema sociale malato – sottolinea Elena Lo Monte, segretaria provinciale dei Giovani Democratici Lecco – non si tratta solo di speculare sul dolore delle vittime, ma anche di creare un contesto difficile in cui denunciare: la violenza mediatica e sociale si aggiunge a quella già subita”.

A prendere parola su questa inadeguatezza di cronaca è Valentina Angelica Codurelli, delegata provinciale dei GD Lecco alla comunicazione e alle tematiche di femminismo: “A fronte dell’inadeguatezza con cui tutt’oggi il giornalismo tratta la violenza di genere, incapace di sviscerare il fenomeno in maniera analitica e contribuendo a veicolare una narrazione della violenza che mistifica il fenomeno, invitiamo il giornalismo ad un’assunzione di responsabilità denunciando come illegittima ogni deresponsabilizzazione dell’autore, eticamente e deontologicamente. Il diritto di cronaca non può trasformarsi in un abuso”.