MAL’ARIA, LA LOMBARDIA
NELLA MORSA DELLO SMOG.
E LECCO NON FESTEGGIA

Classifica dei capoluoghi di provincia che nel 2019 hanno superato con almeno una centralina urbana la soglia limite di polveri sottili in un anno

MILANO – Nonostante il 2019 si sia chiuso con dati in miglioramento, quella che continuiamo a respirare è una Mal’aria, titolo scelto per l’annuale dossier presentato da Legambiente che fotografa la qualità dell’aria analizzando i trend degli ultimi anni. Secondo i dati elaborati dall’associazione, la situazione nelle città capoluogo di provincia è cronica: nella top25 nazionale, ci sono diverse città lombarde, a partire da Milano che si posiziona al secondo posto con 72 giorni di superamento annuale.

Se consideriamo gli ultimi 10 anni, ad esempio, a Milano ogni cittadino è come se avesse respirato per quasi 2 anni e mezzo aria inquinata. Sono infatti ben 890 i giorni di superamento dei limiti di Pm10 che vedono protagonista il capoluogo lombardo nonostante su base annua i valori di Pm10 si siano notevolmente ridotti.

Nel decennio Lecco ha sofferto del problema solo quattro anni, ma a preoccupare è la statistica del 2019 che pone la città manzoniana al secondo posto nel conto dei superamenti delle medie con almeno una centralina urbana.

Numero di anni in cui le città capoluogo di provincia hanno superato il limite giornaliero per le polveri sottili (Pm10) dal 2010 al 2019. Il limite annuale è stabilito dal D.lgs. 155/2010 in 35 giorni con una media giornaliera superiore a 50 μg/m3

“Dall’inizio del 2020 in diverse città lombarde si sono già registrati dai 15 ai 19 giorni consecutivi di superamento dei limiti di legge e, dopo una breve pausa con un’aria migliorata a seguito delle precipitazioni nello scorso weekend, i parametri sono tornati inesorabilmente a salire dalla giornata di ieri, facendoci ripiombare nell’emergenza – spiega Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia -. Di fronte all’emergenza non sono venute risposte chiare ma solo provvedimenti stop&go. Senza tavoli di coordinamento sovra-regionali, le azioni spot messe in campo dalle singole amministrazioni comunali risultano inutili a contrastare una situazione cronica che caratterizza tutto il bacino padano e che necessita di interventi strutturali su più livelli: mobilità, edilizia, agricoltura. Mentre le Istituzioni continuano a non avere un piano strategico strutturale e di informazione, noi continuiamo a rivolgerci ai cittadini perché adottino comportamenti più ecologici, lasciando a casa l’auto per spostarsi con i mezzi pubblici, limitando la velocità anche nelle tangenziali e autostrade, sostituendo vecchie caldaie e intervenendo sulla riqualificazione energetica degli edifici per ridurre le emissioni. Piccole azioni quotidiane di buon senso, che possono fare molto, anche in termini di educazione ad uno stile di vita più sostenibile”.

Classifica dei capoluoghi di provincia che nel 2019 hanno superato con almeno una centralina urbana le concentrazioni a 120 μg/m3 come media massima giornaliera calcolata su otto ore di ozono secondo il D.lgs. 155/2010 che prevede un numero massimo di 25 giorni/anno

A questo scopo Legambiente, insieme ai partner del progetto europeo Sharing Cities, ha lanciato una campagna di sensibilizzazione aprendo una sfida social a premi per i cittadini milanesi perché si impegnino a non usare l’auto per un’intera settimana, accedendo alla community digitale che premia i comportamenti più green scaricando l’app SharingMi.

“Se nella stagione fredda a preoccupare sono le concentrazioni di polveri sottili, anche i mesi estivi non sono esenti da condizioni che rendono l’aria malsana – conclude Barbara Meggetto –. Una situazione che saremo costretti ad affrontare tra qualche mese. Non è con la chiusura dell’inverno che sparirà l’inquinamento atmosferico, l’estate porterà con sé un altro carico di inquinanti che dobbiamo imparare a conoscere per proteggere la salute dei cittadini”.

La causa principalmente è legata agli alti livelli di ozono, il cui limite è fissato dalla normativa in 120 microg/mc come media nelle otto ore, da non superarsi per più di 25 giorni all’anno. L’ozono troposferico, potente ossidante pericoloso per la salute, si forma a seguito di reazioni chimiche in cui sono implicati inquinanti tradizionali, come gli ossidi di azoto e composti organici volatili. Si tratta, quindi, di un inquinante secondario i cui precursori sono generalmente prodotti da combustioni e da processi che utilizzano o producono sostanze chimiche volatili, come solventi e carburanti, che si formano in aree densamente urbanizzate, ma si combina con l’ossigeno, maggiormente concentrato nelle aree extraurbane, lacustri, collinari e di campagna, in cui tende ad avere valori molto più alti.