BOSISIO: “TUTTI POSSIAMO
ESSERE BRUBAKER, LA SANITÀ
RIGUARDA TUTTI!”

Tutti possiamo essere Brubaker, mi son detto alla fine dell’ennesima visione dell’appassionante quanto “spietato” film sulla storia realmente accaduta a un direttore di un carcere americano magistralmente interpretato da un giovane Robert Redford.

Un film che sembra dimostrare come sia possibile trasformare, se non ci si rassegna, ciò che sembra quasi impossibile in un’occasione invece di ricerca di una assai auspicabile maggior giustizia sociale: della serie se si “sogna” da soli rimane un “sogno” ma se si “sogna” in tanti il “sogno” può diventare realtà!

È questo che mi viene da pensare costatando la progressiva spinta che si sta sempre più realizzando nell’opinione pubblica nazionale in difesa e per la rivalorizzazione del Sistema Sanitario Pubblico. Vedo piacevolmente e finalmente rifiorire anche per la nostra realtà locale dell’ASST di Lecco e in special modo per le sorti dell’Ospedale Mandic di Merate una serie di prese di posizione trasversali di realtà politiche, istituzionali e di cittadinanza attiva.

Si potrebbe dire “meglio tardi che mai” visti alcuni reiterati precedenti e antesignani sforzi, riportati da alcuni siti online locali, anche personali, come del resto di molti altri cittadini.

Tutto ciò saprà trasformare realmente una situazione critica pur locale, ma paradigmatica di una situazione purtroppo diffusa anche a livello nazionale, in una effettiva (e misurabile nel concreto) occasione di inversione di una tendenza che, invece semmai di migliorarlo, marginalizza sempre più il Sistema Sanitario Pubblico a vantaggio di quello Privato con l’innegabile risultato di precluderlo a fasce sempre più ampie di persone meno abbienti?

Si tratta di verificare anche sul “campo locale” non solo l’effettivo impegno dei vari esponenti politici nostrani, anche dell’ultim’ora, ma di supportare anche da parte dei cittadini le adeguate azioni di pressione sui vari livelli dei decisori in materia sanitaria e socio-sanitaria. Ecco perché sarò, come molti altri, anche alla manifestazione regionale che si svolgerà il 21 ottobre a Milano (oggi sullo stesso tema anche a Roma).

Intanto a integrazione ecco questo ulteriore e recentissimo contributo valutativo (Tagadà di La7 del 6/10/23 dalle 16,01 alle 16,30 e in particolar modo il breve eppur significativo passaggio da1le 16,17 alla 16,21).

Voglio aggiungere, pur in modo volutamente sintetico, un particolare personale che mi consente di porre quantomeno alcune domande in cerca di risposte: di recente mi sono recato all’Ospedale Mandic per una visita ambulatoriale di controllo dove ho esibito una serie di documentazioni diagnostiche precedenti che di fatto hanno indotto il medico di turno presente (nella stanza dalle “competenze” – piuttosto ampie – di Chirurgia, Ortopedia Pediatrica e dello Sport) a prescrivermi, con tanto di documentazione preparatoria, un intervento di ernio plastica inguinale.

Le domande sono le seguenti. Anche in alcune stanze ambulatoriali del Mandic ci sono specialisti gettonisti o collaboratori, magari pure occasionali, di cooperative a valenza sanitaria come successo a esempio, per quanto appreso dai media locali, per il Pronto Soccorso? Visto che il cortese medico prescrivente a mia domanda mi aveva risposto che le previsioni dell’intervento potevano essere nell’ordine di un anno o addirittura di due chiedo: avendo volutamente specificato, su mia precisa e motivata volontà (contribuire a contrastare il graduale svuotamento delle prestazioni del Mandic) e pur non essendo del circondario meratese, di essere operato a Merate rispetto al Manzoni di Lecco, chiedo se tale assai prolungato lasso di tempo non sia condizionato anche da precise scelte di sotto utilizzo delle sale operatorie? Inoltre ripropongo per i chirurghi che operano in tale contesto o in quello di Lecco lo stesso interrogativo che ponevo per gli specialisti ambulatoriali. Penso che sia comprensibile a tutti ciò che è, penso non solo, il mio retro pensiero cautelativo alla base di queste domande.

Infine mi chiedo perché un sistema sanitario come il nostro non garantisca (domanda volutamente anche un po’ retorica) di agire in prevenzione, assicurando peraltro risparmi economici al sistema, procedendo in tempi brevi all’intervento e non facendo quindi rischiare al paziente di dover ricorrere in caso di strozzamento dell’ernia a un intervento d’urgenza e relative quanto possibili “definitive” (per il paziente) e peraltro assai più costose (per il sistema) complicazioni?

Rimango in attesa perlomeno di qualche pertinente risposta, visto che il medico, forse pur comprensibilmente per il suo specifico ruolo, non me le aveva sapute o volute fornire.

 

Germano Bosisio

Lecco