“CRONACA DI UNA MORTE LENTA”.
LA CGIL SULLA BANCA LECCHESE.
E MILLE AZIONISTI RISCHIANO

pirelli-riccardi-leva-cavallottiLECCO – “Una morte lenta, a partire dal 2012”. È il pensiero di Davide Riccardi, Fisac Cgil, sulla Banca popolare lecchese, istituto di credito acquistato nel  2013 da Banca Etruria e ora in fase di chiusura per fare spazio a un nuovo progetto interamente online. “Questa azienda ha avuto problemi, ma nessuno è intervenuto – indica Wolfango Pirelli, segretario provinciale di Cgil –, chi doveva vigilare, ovvero la Banca d’Italia, non si è accorto che la situazione ere sempre più negativa e così ha creato problemi ad aziende e risparmiatori del nostro territorio”.

L’istituto è nato a metà degli anni ’90, dopo l’acquisizione della Banca Popolare di Lecco da parte del colosso tedesco Deustche Bank, così da mantenere un’azienda vicino al territorio. A seguito di una serie di  vicissitudini è stata  però ceduta al Gruppo Banca Etruria, il cui commissario ha proceduto successivamente alla sua cessione al fondo Oaktree Capital Management. “Questo fondo – spiega Riccardi –, dopo aver ricapitalizzato la società, prevede di utilizzare la licenza bancaria per una newco dedicata ai finanziamenti alle piccole e medie imprese, cessione del quinto, factoring e conti deposito. Spariscono dunque gli sportelli e i dipendenti, rimarranno solo operazioni redditizie e conti on line. Le ricadute sul territorio, quindi, si fanno sentire: sono ben 2.500 i correntisti, 60 milioni di crediti e altrettanto di depositi, 24 dipendenti, di cui 18 già definiti esuberi, dei quali sei potrebbero essere ricollocati a Roma nella nuova sede societaria”.

banca-lecchese-logoLa Cgil è perplessa su queste operazioni. “Siamo molto preoccupati, soprattutto sulla credibilità e sulla tenuta di questo nuovo strumento che si va a creare – chiarisce Pirelli –. In ogni caso non abbiamo iscritti tra i dipendenti della banca e chiediamo in generale che siano le associazioni di categoria a dirci se hanno sospetti su alcuni istituti, visto che loro si rapportano molto di più con quelle  realtà”. Di fatto la crisi della Banca Lecchese è iniziata dal 2012. “Nel 2009 l’azienda aveva 120 milioni di euro di volumi – racconta Riccardi –, nel 2012 era arrivata a 155 milioni, con un aumento di dipendenti a 36, il massimo. Poi la caduta con la vendita a Etruria. Dato che il picco è arrivato nel bel mezzo della crisi vuol dire che il credito è stato valutato poco attentamente. Poi i soci non sono riusciti a migliorare la situazione, portando l’istituto in rovina, anche perché i nuovi proprietari l’hanno affossata ancora di più”.

Un problema per le aziende e per i dipendenti, ma anche per i piccoli risparmiatori che hanno comprato azioni dell’istituto. “Sono circa 1.400, di cui 900 che le possiedono tuttora perché rimaste invendute – sottolinea Carmine Leva, presidente di Federconsumatori Lecco –. Siamo stati contattati da molte persone che ci chiedono se è possibile recuperare il loro credito. Azioni che all’inizio costavano cinque euro ora sono pagate 0,33 euro. Alcuni hanno perso gran parte dei loro risparmi e vogliono giustizia”. Francesco Castellotti di Federconsumatori spiega che l’associazione non si fermerà. “In questa vicenda è stata messa a dura prova la fiducia dei risparmiatori – indica –. Cercheremo di fare approfondimenti, in primis sull’omessa vigilanza, poi per capire se vi siano o meno responsabilità precise da parte degli operatori perché potrebbero avere celato informazioni o magari non ne sapevano nulla. Per andare avanti ci sarà bisogno di leggere nuovi dati”.