ECONOMIA/L’OPINIONE DI GERMANO BOSISIO. “CONFONDIAMO IL FINE E I MEZZI”

Assisto all’ennesimo dibattito televisivo sulla revisione del Patto di Stabilità europeo e sulla Legge di Bilancio con la solita elencazione delle varie e spesso opposte “ricette” economiche, del resto solo teoricamente migliorative.

Ne nasce una non insolita discussione in famiglia su cosa potrebbe occorrere per risanare questo nostro martoriato Paese. Un confronto d’idee che arriva fino a comprendere valutazioni più generali su sistemi economici e fattori di sviluppo, su cui abbiamo imparato ad interrogarci non superficialmente. Non è certo la prima volta, senza ovviamente pretese esaustive, che si cerca assieme di approfondire e pensare in modo glocale (valutare il locale e il quotidiano avendo ben presente il globale).
Dopo un’appassionata discussione su neoliberismo, Keynes e vocazione imperialistica dei popoli rispetto a ciò che dovrebbe essere giusto perseguire in termini di valori realmente umani, me ne vado a letto, non certo con la consapevolezza di un’analisi pur solo teoricamente risolutiva.

Del resto ciò che accomuna a molti altri è una sempre più diffusa sensazione di confusone, insoddisfazione e insicurezza rispetto all’attuale vivere quotidiano fortemente condizionato, a detta di sempre più tanti, da un modello di sviluppo non adeguato per rispondere alle esigenze autenticamente umane, visti i disastri che da tempo sta producendo. In primis la precarietà diffusa, l’aumento delle disuguaglianze, il moltiplicarsi delle guerre e la strutturale questione ambientale a rischio di collasso per le future generazioni.

Il tutto con una semplice quanto ineludibile costatazione di base: Ormai è soprattutto il fattore economico, troppe volte al servizio non più del Bene Comune ma dei peggiori interessi anche dei Popoli, che detta le condizioni del vivere. A tutti livelli, sia macro che micro.
Purtroppo siamo di fronte ad una “dittatura di una economia senza volto e senza scopo veramente umano…abbiamo creato dei feticci ….questa economia uccide” come ha scritto in modo mirato Papa Francesco già nel 2013 nella sua esortazione programmatica “Evangelii gaudium” (in allegato alcuni suoi punti salienti in tema non solo economico che inviterei caldamente a leggere). Un’economia nei fatti sempre meno al servizio dell’Uomo, come invece si vorrebbe far credere nei proclami.

E’ dalla consapevolezza di questa inquietante realtà, pur connotata ovviamente anche da aspetti positivi ma anche da istinti falsamente nazionalistici, che passano, mi vado ripetendo, le reali possibilità di un cambiamento effettivo che non potrà che essere di natura strutturale e di sistema.
Vado a dormire con la consapevolezza di non essere un marziano se mi interrogo, come molti altri, su di un possibile e concreto modello alternativo, pur perseguibile anche gradualmente (qui il link di uno dei concreti percorsi possibili https://www.liberacittadinanza.it/articoli/societa/manifesto-uscire-dalleconomia-del-profitto-costruire-la-societa-della-cura).
Una sensazione di una serena e consapevole ricerca che sono certo si stia sempre più facendo largo in molte coscienze che non si rassegnano ad un mondo così congegnato. Un mondo in cui sempre più persone non si riconoscono più.

Eppoi mi sveglio nel cuore della notte con un “pensiero calmo” che non mi era mai affiorato prima, perlomeno così nitidamente. Tanto semplice quanto profondo:
Stiamo confondendo i mezzi con il fine!
Abbiamo invertito, o forse è meglio dire, hanno invertito e continuano ad invertire i termini del “problema”. Hanno sacralizzato i mezzi e cioè “l’economia o ogni altro strumento interpretativo della realtà”, sacrificando, nei fatti, il fine a cui essi dovevano essere coerentemente orientati e cioè la promozione, il perseguimento e la massima diffusione possibile di un autentico progresso umano integrale.

E il capolavoro di questo “Sistema socio-economico” è quello di aver ridotto, mediante le sue logiche e strutture costitutive propagandate come le uniche possibili, le proprie vittime a più o meno consapevoli alleati. Vittime e al contempo co-artefici perché ormai rassegnati alle ingiustizie che variamente e sotto varia forma il sistema produce, spacciandole invece come elementi “naturali” del Vivere Comune.

Pil, Spread, Stabilità dei prezzi, Debiti sovrani, Crescita illimitata, Libero Mercato e quant’altri elementi soprattutto economici (I Mezzi, spesso basati solo sull’individualismo competitivo), hanno preso il posto di misuratori effettivi del progresso umano (IL FINE, che non può che essere collettivo) quali creativamente e ad esempio TdR (Tasso di distribuzione della Ricchezza), BI (Benessere integrale), PdL (Posti di Lavoro) e quant’altro. Questi sì indicatori concretamente misurabili di una effettiva Giustizia sociale e di un Ben-essere ( e non solo di un Ben-avere) diffuso.

Perché non misurare gli effettivi benefici sociali non sugli equilibri dei bilanci o sulle convenienze di nazionalismi e “imperialismi” vari, ma su riscontrabili e tangibili obiettivi umani quali ad esempio la riduzione effettiva delle povertà, uno sviluppo umano integrale – e non solo economico – in equilibrio con l’ambiente, uno sviluppo tecnologico non incondizionato ma realmente orientato al bene comune e al superamento delle disuguaglianze?

Come purtroppo non pensare anche solo all’attuale Europa (ben diversa da quella “sociale” pensata dai suoi Padri Fondatori) che si definisce dei Popoli ma che nello statuto della propria Banca Centrale (Bce) ha fissato come finalità primaria la stabilità dei prezzi e non il perseguimento di livelli ottimali di occupazione? O basti pensare al sistema planetario di finanziamento dei Bilanci degli Stati letteralmente e deliberatamente lasciato esposto agli effetti speculativi del mercato finanziario, condizionando così pesantemente il reale esercizio della Democrazia degli Stati e di conseguenza l’effettiva tutela dei più deboli?
Come non ravvedere la negazione del vero interesse umano nelle speculazioni di borsa sui prezzi di farina, riso e acqua? nella Sanità garantita solo per chi ha adeguati redditi o nel primato dei brevetti sulle effettive esigenze dei Popoli? O nel considerare i lavoratori come solo elementi di costo e la natura come esclusivo mezzo d’arricchimento?

Ma forse, mi si permetta scherzosamente, c’è un po’ di speranza se ad esempio un’economista come la Fornero inizia a considerare praticabile una tassa sui grandi patrimoni o se, più seriamente parlando, sempre più autorevoli pensatori denunciano l’insensatezza del limitarsi alla semplice quadratura dei bilanci economici.
Vaneggiamenti filosofici, utopie per scaricarsi la coscienza? Sogni di incompetenti che non fanno i conti con la realtà?
Ad ognuno farsi un’opinione ma soprattutto non farsi prendere in giro dai “sacerdoti” (in primis coloro che in gran parte riempiono i talk show televisivi) di quello che viene definito strumentalmente come l’unico mondo possibile.
Un mondo dove la consapevolezza dei guasti strutturalmente generati da questo sistema anti umano può rappresentare invece il presupposto primario dell’azione di cambiamento.

Cambiamento che non potrà non avvenire se non col concorso responsabile di tutti coloro che non siano succubi ne tanto meno vittime (e al contempo co-artefici) del sistema stesso.

Germano Bosisio

Punti significativi dell’Evangelii Gaudium di papa Francesco

P.to 53 : Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un ‘economia dell’esclusione e dell’inequità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada , mentre lo sia il ribasso di due punti di borsa … oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte , dove il potente mangia il più debole … Abbiamo dato inizio alla cultura dello scarto che , addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo ….
P.to 54 : In questo contesto, alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce a produrre di per sé una maggior equità e inclusione sociale nel mondo. Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo gli esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza.
P.to 55 : …. La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropologica : la negazione del primato dell’essere umano. Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro (cfr Es 32,1-35) ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza scopo veramente umano …
P.to 56 : Mentre i guadagni di pochi crescono esponenzialmente, quelli della maggioranza si collocano sempre più distanti dal benessere di questa minoranza felice. Tale squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria ….
P.to 59 : Oggi da molte parti si reclama maggior sicurezza. Ma fino a quando non si eliminano esclusione e l’inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza… Quando la società – locale, nazionale o mondiale – abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità. Ciò non accade soltanto perché l’inequità provoca la reazione violenta di quanti sono esclusi dal sistema, bensì perché il sistema sociale ed economico è ingiusto alla radice. Come il bene tende a comunicarsi, così il male a cui si acconsente, cioè l’ingiustizia, tende ad espandere la sua forza nociva e a scardinare silenziosamente le basi di qualsiasi sistema politico e sociale, per quanto solido possa apparire. Se ogni azione ha delle conseguenze, un male annidato nelle strutture di una società contiene sempre un potenziale di dissoluzione e di morte. E’ il male cristallizzato nelle strutture sociali ingiuste, a partire dal quale non ci si può attendere un futuro migliore …
p.to 202 La necessità di risolvere le cause strutturali della povertà non può attendere …. I piani assistenziali, che fanno fronte ad alcune urgenze, si dovrebbero considerare solo come risposte provvisorie. Finché non si risolveranno radicalmente i problemi dei poveri, rinunciando all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e aggredendo le cause strutturali della inequità, non si risolveranno i problemi del mondo e in definitiva nessun problema. L’inequità è la radice dei mali sociali.
p.to 203 …Quante parole sono diventate scomode per questo sistema ! Dà fastidio che si parli di etica, dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, da fastidio che si parli della dignità dei deboli, da fastidio che si parli di un Dio che esige un impegno per la giustizia …. La comoda indifferenza di fronte a queste questioni svuota la nostra vita e le nostre parole di ogni significato ….
p.to 204 Non possiamo più confidare nelle forze cieche e nella mano invisibile del mercato. La crescita in equità esige qualcosa di più della crescita economica, benché la presupponga, richiede decisioni, programmi, meccanismi e processi specificatamente orientati a una miglior distribuzione delle entrate, alla creazione di opportunità di lavoro, a una promozione integrale dei poveri che superi il mero assistenzialismo. Lungi da me il proporre un populismo irresponsabile, ma l’economia non può più ricorrere a rimedi che sono un nuovo veleno, come quando si pretende di aumentare la redditività riducendo il mercato del lavoro e creando in tal modo nuovi esclusi.