LECCO – Les Cultures ha pubblicato i risultati di Generazione Z: cresciuti nelle diversità, una ricerca sulla diffusione di stereotipi e di atteggiamenti razzisti e comportamenti discriminatori tra la popolazione studentesca delle scuole superiori di Lecco.
Sin dall’inizio della sua attività, Les Cultures ha dedicato grande attenzione al tema del razzismo, coerentemente con la propria mission che prevede l’impegno per affermare una società aperta, contraria a ogni tipo di discriminazione.
Una prima indagine era stata effettuata nel 1998 (Dipende da chi?), seguita da una seconda nel 2010/11 (Diverso da chi?). Ritenendo di grande interesse poter avere una fotografia aggiornata del fenomeno in un contesto fortemente mutato e poter fare delle analisi in una prospettiva temporale, l’associazione ha svolto quest’anno una nuova ricerca coinvolgendo 307 studenti frequentanti 19 classi quarte di 7 scuole del Lecchese.
LE CONCLUSIONI
Gli anni che intercorrono tra il 1998 (anno della nostra prima ricerca) e il 2024 segnano il passaggio alla fase “matura” delle migrazioni in Italia: dopo una forte crescita, la presenza di cittadini stranieri si è sostanzialmente stabilizzata, andando a rappresentare una componente strutturale del Paese, in grado di contribuire alla sua crescita sul piano economico e a contrastare il suo declino su quello demografico.
I ragazzi che hanno preso parte alla nostra rilevazione avevano 4/5 anni in occasione della precedente ricerca. È facile immaginare come l’esperienza quotidiana che hanno vissuto negli anni della crescita abbia loro offerto occasioni di contatto e conoscenza delle concrete manifestazioni locali e quotidiane delle migrazioni radicalmente diverse da quelle delle generazioni precedenti. A nostro avviso è proprio in questa diversa esperienza diretta che si riscontra una delle cause che stanno alla base delle risposte raccolte con questo piccolo lavoro di ricerca: nella condivisione della quotidianità si costruisce la normalizzazione del fenomeno.
Il primo livello su cui vediamo questo cambiamento è quello di un deciso miglioramento nella percezione della presenza numerica. In questi ultimi anni la narrazione politica e mediatica delle migrazioni si è focalizzata prevalentemente sulla tematica dei richiedenti protezione internazionale, concentrandosi su sbarchi e ingressi irregolari dai confini orientali. Mentre il discorso pubblico resta ancorato ad un approccio fondamentalmente emergenziale al tema, i ragazzi che hanno preso parte alla nostra ricerca sembrerebbero aver interiorizzato la dimensione strutturale del fenomeno. In questo senso è di particolare importanza anche notare come alcuni dei luoghi comuni “classici” sembrerebbero perdere progressivamente la loro presa.
Il vissuto di ogni giorno, segnato da esperienze di condivisione e dalla fruizione di prodotti culturali, si pensi al fenomeno della crescita nella scena musicale delle seconde generazioni, contribuisce a rompere, almeno in parte, quelle barriere identitarie e difensive che i giovani vedono ancora presenti nel modo degli adulti. Dalle risposte raccolte, sembra infatti di poter dire che i ragazzi si sentano diversi (e migliori) rispetto agli adulti, e che giudichino come negativi atteggiamenti certamente molto diffusi nel loro mondo di appartenenza.
Dalle risposte alle domande su politiche migratorie e diritti emerge un quadro che sembrerebbe delineare un approccio piuttosto pragmatico alla questione: i ragazzi sembrano essere consapevoli del fatto che le migrazioni sono un fenomeno che connoterà in modo non reversibile questa epoca storica richiedendo, di conseguenza, politiche non ideologiche per governarlo, sia in termini di gestione dei flussi, sia in termini di accesso ai diritti sociali e civili.
La scuola si conferma, come nelle ricerche precedenti, il luogo che i ragazzi vivono come spazio di uguaglianza ed inclusione. Se a differenza del passato la diversità (culturale, religiosa, di aspetto fisico, di orientamento sessuale…) non è più necessariamente percepita come un problema in sé, riteniamo sia fondamentale continuare un lavoro educativo in grado di fornire strumenti per decodificare la crescente complessità che caratterizza e caratterizzerà la nostra società. Il rischio è infatti quello di derubricare ogni forma di diversità come elemento esclusivamente afferente alla sfera privata e personale, mettendo in secondo piano la dimensione sociale e pubblica.
Sarebbe una facile scorciatoia quella di definire questa (e le future) generazione come naturalmente propensa all’intercultura per il semplice fatto di esserci “nate dentro”. È sufficiente vedere le percentuali di ragazzi che affermano di avere compagni con idee o atteggiamenti discriminatori o razzisti e di quanti affermano di aver assistito in prima persona ad episodi del genere nel contesto scolastico. Per questo sosteniamo l’esigenza (e l’urgenza) di rafforzare il ruolo complessivamente educativo della scuola, spesso subordinato ad obiettivi prettamente didattici, per fare in modo che diventi capace di disinnescare potenziali germi di marginalizzazione quando non di violenza.
> Generazione Z: cresciuti nelle diversità è scaricabile cliccando QUI.