PRESENZA MAFIOSA AL NORD:
TANTO SPAZIO AL LECCHESE
NEL DOSSIER PER IL PIRELLONE

LECCO  – La mafia al nord esiste eccome, ora lo conferma anche uno studio sistematico commissionato dalla giunta della Regione Lombardia, proprio quello stesso ente che negli anni passati ha visto i massimi esponenti di governo negare a più riprese il fenomeno.

Si tratta di un fascicolo di 400 pagine redatto dall’Università degli studi di Milano sotto la direzione di Fernando dalla Chiesa nel quale il territorio lecchese non è affatto marginale e viene indicato a livello due di rischio, dove uno – il più serio – spetta a Milano e Brianza mentre 5 – basso indice di presenza mafiosa – riguarda in Lombardia solo la Valtellina.

Per un territorio che conta 330mila abitanti sono una sessantina i beni confiscati in 16 diversi comuni, ma 14 solo a Lecco, 20 i processi penali e 15 i soggetti sottoposti a misure diverse di prevenzione.

Numeri che giustificano la definizione di “Paradiso dei Trovato” pronunciata nei processi degli anni Novanta durante i quali venne certificata anche la pervasività del potere dei Coco-Trovato e la filosofia politica del clan che in quel periodo aveva scommesso su un politico leghista (nome in codice Gamma). Del clan di Franco Coco-Trovato si parla sin da fine anni Sessanta, sebbene furono gli anni Ottanta quelli della criminalità organizzata.

Non solo Coco-Trovato e Wall Street però. Il dossier cataloga anche gli sviluppi più recenti, ovvero Metastasi e Insubria, illustrando nel primo il rigenerarsi dell’influenza del clan e la facilità con cui riesce a infiltrarsi nelle Istituzioni, Insubria invece riguarda il clamoroso caso della videoregistrazione a Castello Brianza di un rito di affiliazione alla ‘ndrangheta – un unicum assoluto nel panorama antimafia dello stivale.

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