A CALOLZIO IL CORAGGIO DELLA PACE. LA PALESTINA RACCONTATA DA LUISA MORGANTINI, EX EUROPARLAMENTARE

CALOLZIOCORTE – La serata di giovedì 16 allo Spazio Condiviso ha visto protagonista la causa palestinese, con gli appelli alla pace di Gian Carlo Bandinelli e Luisa Morgantini.

Tra le iniziative che si susseguono per il paese sul conflitto in Palestina e l’occupazione israeliana, al Circolo Arci Spazio Condiviso di Calolziocorte c’è stata un’occasione di dialogo e riflessione con l’attivista Gian Carlo Bandinelli e l’ex vicepresidente del parlamento europeo Luisa Morgantini, profonda conoscitrice della situazione palestinese.

A moderare l’evento era presente l’ex consigliere comunale e vice segretario generale della Provincia Corrado Conti, attivo nelle associazioni locali, che ha sottolineato l’importanza di tenere viva l’attenzione su quello che ha definito “un vero e proprio genocidio”, tenendo viva la spinta dal basso e ricercando informazioni non censurate.

Bandinelli ha introdotto la neonata associazione “Il coraggio della pace – Disarma“, creatura in formazione che, nelle intenzioni del fondatore, sarà “uno spazio di discussione vera, per un dibattito costruttivo nei vuoti della politica” e avrà come simbolo un muro che si sgretola, in pietre con cui costruire una strada per il cammino insieme.

Bandinelli ha avvisato che la situazione attuale, come nelle parole di Papa Francesco, è una “guerra mondiale a pezzi“, continuamente alimentata dal commercio delle armi e senza interessi da parte degli stati di trovare una via d’uscita; ha poi evidenziato che “tutti noi non dobbiamo girare lo sguardo dall’altra parte mentre è in atto un massacro tra Ucraina e Palestina, che coinvolge anche i bambini, ma dobbiamo sostenere la pace nel quotidiano ed aderire a queste iniziative per suonare il campanello d’allarme alla politica, purtroppo disinteressata o schierata”.

Introducendo poi la figura di Luisa Morgantini, Conti ha ricordato come essa “conosca profondamente la realtà palestinese, avendo frequentato spesso Gaza e la Cisgiordania, e sia dalla parte della pace, contestando un modello di informazione bipolare che riduce a un invaso e un invasore, rimuovendo così decenni di ingiustizie e massacri”; Conti ha ricordato che”in guerra, la prima vittima, ancora prima delle persone, è proprio l’informazione, per cui dobbiamo stare attenti a non perdere di vista la verità”.

Morgantini, presidente dell’associazione Assopace Palestina, ha introdotto il suo intervento parlando di Mohammad Bakri, regista del documentario “Jenin Jenin” (visto in conclusione dell’incontro), una denuncia della distruzione dell’insediamento di Jenin nel 2002, durante la seconda intifada: “l’attore e regista ha subito anni di persecuzioni per quel film, anche a causa dei soldati israeliani comparsi nelle riprese che lo hanno citato in giudizio e a cui ha dovuto pagare multe elevatissime; da artista amato dal pubblico, è diventato un tabù e ha perso tutte le possibilità di lavoro. Bakri non si è dato per vinto e, nel recente assedio che ha portato alla distruzione del campo, ha girato il documentario “Jenin 2“, mostrando di nuovo la verità al mondo”.

Morgantini ha sostenuto che “a Gaza l’umanità muore, insieme al diritto e alla pietà: basta vedere i nostri governanti, durante le parole forti di Giuseppe Conte sulla pace e il disarmo, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ridacchiava. Tajani e la presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen dovrebbero essere portati davanti alla Corte penale internazionale, come veri e propri complici di un genocidio: è una parola forte, che non uso con leggerezza, ma oggi a Gaza si sta compiendo e ci sono tutti gli estremi legislativi per dirlo, perché Israele sta bombardando e affamando la popolazione”.

Morgantini prosegue ricordando che “il genocidio è un disegno del governo di Benjamin Netanyahu, formato da fondamentalisti nazionalisti e coloni che occupano le terre palestinesi di diritto: il ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir e i coloni hanno detto chiaramente che Netanyahu deve portare a termine quello che Ben Gurion non ha avuto il coraggio di fare nel 1948, espellendo più palestinesi possibili: a loro non basta che lo stato d’Israele sia costruito sul 78% della Palestina storica, stanno addirittura discutendo una legge per togliere la cittadinanza agli israeliani che solidarizzano con Gaza”.

La stampa e gli opinionisti, “corrotti o pieni di pregiudizi, sanno che tutto non nasce il 7 ottobre, come dalle Nazioni Unite ha fatto eco il segretario António Guterres: il problema nasce nell’occupazione militare dal 1967 e prosegue con la continua vessazione e l’assedio sui territori. L’assedio di Gaza non nasce nel 2007, con Hamas che si presenta per la prima volta come forza nella zona, ma fin dal 2002: durante la seconda intifada, Ben Gvir e altri ministri hanno tagliato in tre Gaza, distruggendo le strade e costringendo la popolazione a muoversi su carretti e animali passando per la spiaggia; l’economia è stata distrutta, fino al 2002 a Gaza erano presenti moltissime piccole imprese che esportavano prodotti di qualità in Israele, che sono state distrutte e hanno dovuto ricorrere ai tunnel sotterranei citati negli ultimi giorni, nati allora per aggirare le restrizioni sul passaggio di merci e le importazioni o il passaggio di persone dalle aree più degradate”.

Israele sostiene che “i coloni siano andati via e i soldati siano stati tutti smobilitati, in realtà la Palestina è rimasta una prigione a cielo aperto con tutti i confini controllati. Nell’area C, che secondo gli accordi di Oslo è sotto completo controllo israeliano per amministrazione e sicurezza, i coloni organizzano attacchi nelle case spalleggiati dall’esercito e minacciano di morte i civili nelle piccole comunità del nord, ormai distrutte: recentemente un colono, difeso dai soldati, ha sparato senza motivo a un ragazzo palestinese di un’associazione locale, che non ha ancora ripreso conoscenza”.

Morgantini è poi passata alla situazione occidentale, citando il movimento “Not In My Name” (“Non nel mio nome”) diffusosi tra gli ebrei negli Stati Uniti: “si sa solo adesso di queste manifestazioni, ma da anni esiste un’importante forza di rottura dentro l’organizzazione ebraica legata ad Israele: molti ebrei americani non sono sionisti e sono contro il disegno coloniale, io ho manifestato con loro davanti all’albergo di Netanyahu in occasione del suo discorso all’Onu. È diffuso anche il gruppo religioso dei Neturei Karta, che non riconosce lo stato d’Israele perché sostiene di essere ancora in esilio e non aver ricevuto il Messia, e dunque si debba riconoscere il territorio della Palestina, rifiutando la guerra”.

Ricorda poi che “le comunità ebraiche sono cambiate anche in Italia: da piemontese della valle dell’Ossola, che è stata repubblica partigiana, sono stata abituata a elementi progressisti nelle loro comunità; dopo la prima intifada, però, si sono stretti a Israele, con poche sporadiche voci contro, come quella del piccolo Laboratorio ebraico Antirazzista, contrario all’occupazione militare e a favore dell’uguaglianza di diritti per entrambi i popoli; i suoi componenti sono figli di ebrei progressisti o, sfortunatamente, sono osteggiati dalle loro famiglie per il rifiuto di essere complici dell’occupazione”.

Secondo Morgantini, “Israele è stata voluta in un punto nevralgico dalle forze anglo-americane per introdurre in Medio Oriente un alleato occidentale; gli Usa continuano a mettere il veto nelle votazioni del consiglio di sicurezza Onu contro Israele, e l’Onu stessa è stata spodestata fin dalla Prima guerra del Golfo nel 1991, perdendo il senso di salvaguardare la pace a causa delle coalizioni interne”.

L’Italia, con gli Usa e l’Unione Europea, “è responsabile perché ha perseguito la cultura della guerra, appoggiando il problematico veto dei paesi “vincitori”. Spero che nel nostro paese si possa costruire una nuova politica estera, che manca al Pd e a tutta la Sinistra, per cominciare a pensare al disarmo. Non possiamo permetterci il lusso della disperazione, vale la pena di continuare ad andare avanti: in questo mese abbiamo visto tanta umanità crescere e tanti giovani nelle scuole che credono nella libertà, dobbiamo alimentare la fiamma”.

L’incontro si è concluso ricordando gli eventi sul territorio a sostegno della causa palestinese, a partire dalla manifestazione del circolo anarchico a Lecco del 17 novembre alle 18; il 24 novembre la giornalista di Altreconomia Anna Maria Selini presenterà la storia del conflitto nella Sala Civica Comunale di Lecco, insieme a Egidia Beretta, madre del giornalista e attivista ucciso a Gaza Vittorio Arrigoni; il 2 dicembre a Bergamo ci sarà una manifestazione di solidarietà per la Palestina;  il 9 dicembre, al Circolo Arci Spazio Condiviso, sarà presente una scrittrice palestinese, in una serata dedicata alle donne palestinesi.

Michele Carenini