PASQUA NELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE: MEDITAZIONE
DI DON GIOVANNI MILANI

Nella domenica di Pasqua è sempre Giovanni che guida la nostra meditazione con la sua rilettura profonda e profetica di quanto accade alla tomba, sorprendentemente vuota, dov’era stato posto il corpo del Signore. Mentre i sinottici parlano, nominandole o no, delle donne, il IV vangelo ci presenta, significativamente, la sola Maria di Magdala che, prima della luce dell’alba, era corsa allarmata dal sepolcro vuoto, a Pietro e Giovanni che, a loro volta constatato, credendo o rimanendo sospesi, se ne erano “tornati di nuovo a casa”.

Dopo l’antefatto qui brevemente narrato, principia il nostro testo liturgico con la Maddalena che ritornata al sepolcro, là, in pianto (sottolineato ben quattro volte dal testo) esprime la profondità del suo amore ed insieme una appassionata attesa d’eventi. In queste pagine finali il forte desiderio nostalgico di Gesù ci significa – certamente oltre Maria – la tensione d’amore cui tutti i vangeli vogliono condurre verso il Signore.

Nel suo pianto, Maria si china al sepolcro e scorge due angeli che non pare le mettano soggezione o paura – di natura annunciatori non son loro a dar la grande notizia – invece interrogano: “Perché piangi?”, lei risponde con lo strazio dell’animo: “Hanno portato via (ἦραν levato) il mio Signore”; poi voltandosi vede e senza riconoscere Gesù che, in piedi, le pone la stessa domanda sul pianto, e lo scambia per il custode del giardino.

Tutto è narrato con raffinata ripresa meditativa delle Scritture. Gesù non è conosciuto (come avviene, dopo la risurrezione, a chi pur è ben noto, ma lo guarda con desolati occhi umani) e nel sembiante del custode del giardino, richiama, l’uomo, l’Adamo custode del giardino antico. Poi Gesù pone anche la seconda domanda (“Chi cerchi?”) evoca così tutte le recenti vicende di passione, sin dall’Orto degli ulivi del tradimento di Giuda, con quel: “Chi cercate?”. Segue lo svelarsi pieno nel chiamare per nome. A leggere bene l’originale se ne scopre la finezza nell’uso dell’aramaico sia in quel “Μαριάμ”, che nel “Ραββουνι” spiegato col termine tradotto di “Maestro” che in quel dialetto ripropone termini sponsali; qui la lettura piena del testo deve essere posta in trasparenza al Cantico di Salomone (sino, certo, al “non mi trattenere”). Così Gesù, già dal primo segno a Cana – dove la “Donna” (termine qui ripetuto) era Maria Madre del Signore – si mostra il vero sposo dell’umanità nuova, della nuova creazione nella croce e nella risurrezione.

Allora Maria deve diventare, sull’invito di Gesù stesso, lei l’apostola degli apostoli: deve portare l’annuncio degli annunci perché sia lanciato al mondo il messaggio di salvezza della risurrezione del Signore, della vita nuova nel nuovo Eone: l’intero mondo
ricreato, per la definitiva vittoria sulla morte e sul peccato.

 

Don Giovanni Milani