RELIGIONI. DON GIOVANNI MILANI MEDITA NELL’EPIFANIA DEL SIGNORE

È da leggere bene la festa dell’Epifania, della rivelazione, della manifestazione del Signore: nasce in oriente con celebrazione ancor più alta del così recente Natale che proprio nell’Epifania si prolunga ed amplia, quasi s’innalza (in antico, all’inizio del quarto secolo, Natale, Epifania e Battesimo del Signore si fondevano in una celebrazione unica che oggi da noi si distende in feste distinte che pur si richiamano).

L’Epifania oltre narrarci la storia di Gesù e della sua famiglia – ci dice la lettura simbolica, più vera, del brano evangelico – è manifestazione del Signore ai Magi che ben rappresentano tutte “le genti”, anche nel loro bisogno, nella loro ricerca guidata sempre dalla stella, dall’alto della Provvidenza di Dio.

Quei misteriosi personaggi  “Vennero da oriente a Gerusalemme”; dall’oriente – luogo di saggezza –, proprio fra i “Suoi che non l’hanno accolto”, verrebbe da riflettere con san Giovanni. Hanno certezze iscritte persino nei cieli sia nato “il re dei Giudei”, eppure, tra i Giudei che possiedono sapienza di Scrittura, non trovano partecipazione per quanto li aveva mossi da lontano, solo affettato, falso interesse per perdere quello che era loro cura trovare.

E si rincamminano dietro la stella, che fuor di quel sacro luogo profanato dal potere d’Erode, di nuovo appare a portarli a meta empiendoli di “una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono”.

“Il re dei Giudei” è solo un bambino con sua madre: lo riconoscono tale e a lui si prostrano in adorazione. È il mistero di questa regalità che non è certo riconosciuta in segni di grandezza esteriore: addirittura ne avrà proclamazione in sentenza di morte soprascritta al patibolo. Il vangelo di Giovanni annoterà che proprio in quell’essere innalzato in voluta ignominia, attirerà tutti a sé.

La celebrazione dell’Epifania è la vera manifestazione del Signore Gesù: anche i simbolici doni offerti dai Magi, che i Padri in riflessione esegetica ci hanno evidenziato, vengono ad illuminarne il senso.

L’universale regalità nell’oro, la divinità nell’incenso delle liturgie e l’umana mortalità nella mirra d’uso funerario, ci dicono del Signore Gesù, il Figlio di Dio che si fa “carne” ad “abitare fra noi” donandoci tutto sé stesso sino alla morte in croce dove – in preteso vilipendio e scherno – è proprio dichiarata nel titulus crucis la sua regalità che invece è la grandezza nell’amore: Giovanni insistentemente indica come gloria, evidentemente non misurata da metro umano, ma appunto dall’amore, manifestazione estrema, epifania di Dio.


Don Giovanni Milani