LA FRANCIA NEL MIRINO DELL’ISIS. MICHÈLE, PARIGINA GALBIATESE: “NON SAPPIAMO COME DIFENDERCI”

LECCO – Parigi, a meno di un anno di distanza dalla tragedia di Charlie Hebdo, piange le vittime dell’attacco terroristico della serata di venerdì 13 novembre allo Stade de France, al teatro Bataclan e sui principali boulevard del I, X e XI arrondissement, mietendo 129 vittime e facendo 192 feriti, di cui 99 in gravissime condizioni.

Nella serata di domenica 15 novembre la controffensiva francese lancia 20 bombe su Raqqa in Siria, distruggendo due campi di addestramento Isis, senza provocare alcuna vittima civile.

Questi i fatti degli ultimi giorni. Stadi, teatri e sedi di lavoro scuotono gli animi dei parigini e non solo. La paura è tanta, ma nessuno è disposto a vivere a metà.

Michèle spada“Parigi protagonista di una tragedia tramutata in guerra” dice Michèle Spada, parigina trapiantata a Galbiate alle fine degli anni ’70, professoressa madrelingua e presidente dell’associazione gemellaggio Galbiate–La Londe.

Tre giorni di dolore e connessione virale con il canale francese BFMtv. “Il dolore è tanto e lo sconforto nasce dal fatto che le vittime erano giovani ragazzi, usciti per una serata in compagnia. Hanno colpito il cuore di Parigi nel suo quartiere maggiormente frequentato da giovani francesi, sapevano dove colpire e sapevano che non avrebbero colpito turisti, ma che avrebbero trovato i parigini in Boulevard Voltaire”.

Michèle proviene proprio da lì, dall’XI arrondissement, casa sua è nel fulcro della tragedia. La stampa e i telegiornali spiegano i particolari e raccontano di come alcuni siano riusciti a salvarsi per un colpo di fortuna, come il caso di un padre che, entrato in bagno allo Stade du France con il figlio, si trovò di fronte uno dei terroristi, che lo urtò accidentalmente col braccio, non potè non notare la sua determinazione e la tensione sul suo viso a pochi minuti dal grade boato.

Abbiamo paura per i nostri figli e perchè non sappiamo come difendere la Francia dagli stessi francesi” in quanto i carnefici dell’attentato sono giovani francesi di quarta generazione di immigrati, con piccoli reati di criminalità alle spalle, poco istruiti e quindi facili prede degli estremisti che li hanno convertiti. “Tutto questo è il risultato del fallimento della politica di integrazione francese, la quale anzichè favorire la diversità e considerarla una ricchezza, ha sempre schiacciato le culture dei migranti facendoli divenire apolidi”, spiega Michèle come, nella storia, la Francia abbia commesso degli errori di gestione delle subculture, sfociati poi in sommosse da parte delle stesse. È questo il caso della ormai superata politica categorica sulla lingua di fine 1800, la quale prevedeva una punizione per chi parlava i dialetti bretone o corso e portò alla rivolta di questi nel ’70.

La Francia dichiara lo stato di guerra e lo stato d’urgenza definisce una maggiore intraprendenza delle forze armate, ma come combattere il nemico a casa propria?
“Se posso trovare un nesso tra le ultime prescrizioni del presidente Hollande e il crescere degli estremisti, questo è direttamente proporzionale all’interdizione del Sortie du territoire, documento che necessitava la firma di un genitore quando il figlio minorenne si recava in un altro paese dell’UE. L’eliminazione di questo documento ha determinato, secondo i dati, un crescendo di ragazzi esortati a dirigersi verso gli stati europei limitrofi, per raggiungere le zone sottomesse all’egemonia dell’Isis e convertirsi all’ideologia”.

Martina Panzeri