Ci è proposto in questa domenica un brano dal discorso di Cafarnao che ha notevole intensità a darci il senso del nostro rapporto di cristiani con Gesù stesso, soprattutto attraverso l’eucaristia.
È noto che – dopo la moltiplicazione dei pani e il segno divino del sedare le acque camminandovi – Gesù abbia pronunciato in Cafarnao un lungo discorso che interpretava quegli stessi gesti non solo nel superare la manna come vero cibo dal cielo; il Signore parla infatti del suo stesso corpo, come il vero pane dal cielo.
Il corpo di Gesù è corpo donato, consegnato per la nostra vita. Dice il Signore: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno”. Parole che indicano innanzitutto il suo rivelare il Cielo – il Padre – e il suo stesso donare la vita al mondo.
Ma ci dice ben assai del mistero e sacramento eucaristico: “Chi mangia me, anch’egli vivrà per mezzo di me”, così parla Gesù e dice del nostro assimilare la sua vita nella nostra. “La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a farci diventare quello che mangiamo”, assicura San Leone Magno.
Molto spesso, sull’eucaristia si è riflettuto come presenza “reale” del Signore, ma – anche lasciando le discussioni e polemiche della Controriforma – mette conto riflettere sulla forza delle espressioni di Gesù che ci indicano quel realismo eucaristico che già allora faceva scontrare i suoi ascoltatori (Ἐμάχοντο οὖν πρὸς ἀλλήλους οἱ Ἰουδαῖοι: litigavano tra loro i Giudei).
Le parole che usa Giovanni sono: “chi mangia la mia carne” (ὁ τρώγων, ed è piuttosto: chi mastica); a considerarle meglio riusciamo a capire come l’eucaristia ci assimili alla vita del Signore, ne diventa così più chiaro l’effetto, che non è, come si tende facilmente a interpretare, rimando al dopo vita.
Gesù usa parole al presente: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”, ma ancora … “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui”.
L’eucaristia ci pone adesso nel Signore, ci dona la sua vita, cui certo abbiamo a partecipare non solo in modo passivo; quel dono non è efficace se non vi è partecipazione della nostra volontà.
La profondità della comunicazione è ancor più incisiva. Il Signore dichiara di essere inviato dal Padre, non solo, di “vivere [lui] per il Padre” (διὰ τὸν πατέρα, a causa del Padre) ma pure dice di chi mangia di lui: “vivrà per me” (κἀκεῖνος ζήσει δι’ ἐμέ , anch’egli vivrà a causa mia).
Il sostentamento vero dal Cielo, non è l’antico, quello della manna, che era solo segno e cibo materiale, infatti i padri morirono, è invece Gesù stesso, noi ne assimiliamo la vita in modo perenne: “Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. Già adesso viviamo per lui!
Don Giovanni Milani