DON GIOVANNI MILANI MEDITA
NELLA QUINTA DOMENICA
DOPO IL MARTIRIO DI S.GIOVANNI

Il breve brano offerto alla nostra riflessione in questa domenica pare muoversi attorno ad una diatriba rabbinica circa l’ordinamento teologico dei numerosi precetti della Legge (i famosi 613: 248 positivi e gli altri 365 negativi) sulla quale è chiesto parere a Gesù, Matteo sembra introdurre una nota più polemica di Marco nella domanda del dottore della Legge; ma il nostro interesse si volge all’insegnamento di Gesù. La ricerca di precetti riassuntivi, forse meglio – detto con mentalità più nostra – d’un principio d’ispirazione unificatrice della Legge, ha storia lunga, già nella stessa Scrittura: nei profeti e nei salmi, ancor più nel Talmud, ma ascoltare il Signore Gesù è altra cosa dalla disputa teologica, lui insegna anche quando pare solo dire la sua sull’argomento teologico che gli sia proposto. Mi piace, innanzitutto, ammirare qui il Signore Gesù che indica, con magistrale semplicità, quanto era nell’abituale esperienza religiosa ebraica della preghiera più che quotidiana dello Shemà: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”: speculazione teologica ed evidenza d’ogni giorno. Poi subito il secondo comandamento “simile a quello”, posto sullo stesso piano? Comunque a far dipendere “Tutta la Legge e i Profeti”.

Alla nostra mente, un po’ complicata, comunque abituata all’oggi, sulle prime parrebbe che l’amore – sentimento così umano –, non possa essere prescritto, divenir precetto: tutto si possa comandare fuorché l’amare. Pure, se osserviamo bene, ancor più badando all’amore più grande, modello per ogni altro: l’amore di Dio per noi, capiamo bene che non è semplicemente un sentimento, anzi, non lo è affatto: è una scelta, implica la volontà, la libertà e la ragione. Allora – proprio come precetto – ci dice che possiamo amare, possiamo imparare ad amare; ancor più – insegna Benedetto XVI – “viviamo l’unione con Lui, lasciando che la sua presenza, la forza del suo Spirito, che è Spirito d’amore, ci insegni come amare”. Ma Gesù aggiunge anche, richiamando dal Levitico, “il secondo simile a quello”, sullo stesso piano, (mi permetto d’osservare come porti a visibilità d’agire senza indulgere a possibili vaghezze): “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Il prossimo – cioè il più vicino – è da amare, con la forza del precetto che, insieme al primo, dà senso alla Legge tutta, perdipiù nell’intensità con cui s’ha cura di noi stessi. Vien da considerare – non solo a pensiero di margine – come non sia troppo difficile esprimere amore per chi sta lontano: esercitare l’amore per il vicino (il prossimo!) può invece esserlo, anzi, spesso è arduo: qui sta principio e prova d’ogni amare; secondo Gesù: il principio della Legge, che nell’antico (e non solo) dice il rapporto con Dio.

 

Don Giovanni Milani