DON GIOVANNI MILANI MEDITA: TERZA DOMENICA DOPO LA PENTECOSTE

È da leggere bene, con attenzione, quanto è offerto alla nostra riflessione in questo brano del vangelo dove alcuni farisei interrogano Gesù “per metterlo alla prova”. Non hanno bisogno del suo insegnamento, già sanno, vogliono solo tendergli inganno: interrogano circa la liceità per un marito di ripudiare la propria moglie. 

Pongono una domanda sulla legge, sulla liceità del divorzio, ma Gesù ribatte a sua volta con un’altra domanda su Mosè cui rispondono che Mosè, com’è notorio, abbia permesso il divorzio con il relativo libello. 

Non è così facile per noi, in un mondo tanto diverso, cogliere il senso vero della questione: il libello di divorzio di Mosè era una sorta di difesa per la donna che solo nel matrimonio aveva vita dignitosa (per quanto, è pure da dire, in una società che non le era proprio favorevole). Di qui erano seguite tutte le determinazioni legali e legalistiche dibattute dalle scuole rabbiniche, che fondamentalmente ragionavano sul diritto dell’uomo al divorzio, non troppo invece sulla tutela della donna. 

Gesù fa notare come le disposizioni mosaiche, furono date per la durezza di cuore (la σκληροκαρδίαν, ricordiamo non è solo l’incapacità affettiva, ma l’ottusità interiore), rimanda allora all’origine: non alla legge, non semplicemente alla Torah, piuttosto all’ordine originario, all’ordine della creazione: quanto oggi è, ancora e più, utile. 

Il Signore si allontana dal pensiero che il dettato legale esprima assolutamente il bene, cerca di fare riflettere non alla formulazione di un articolo di legge e alla sua modalità di adempimento, ma alla profondità del rapporto tra persone come è voluto, come è stato progettato, dal creatore. I farisei si pongono dal punto di vista dell’uomo che vuole ripudiare, per loro conta l’espressione formale della legge che adempirebbe il rapporto con Dio, danno così minor peso al rapporto personale e di coscienza, cioè allo spirito della legge. Gesù risale all’origine di quell’unione dove uomo e donna decidono la loro storia d’unione. 

Opponendosi al legalismo farisaico, vuole farci intendere che troviamo verità nel porci in ascolto della verità di Dio espressa nell’azione creatrice; sottolinea come l’unione dell’uomo e della donna costituisca realtà nuova: “una carne sola”; realtà tanto nuova che, questo vincolo assoluto, esiga di lasciare padre e madre: eppure sappiamo quanto – in antico – il legame famigliare sia sentito vincolo profondo. 

Il Signore Gesù, nella questione non facile del ripudio, più che dare una nuova legge, come può sembrare in lettura superficiale, rifiuta la logica legalistica dei farisei, facendo emergere l’annuncio della volontà di Dio nel rivelarsi delle Scritture. 

È facile anche per noi leggere i fatti con la mentalità del giudice che delibera giustizia, la logica legale che fissa liceità e condanne: è la logica polemica dei farisei; Gesù propone l’ascolto più attento della Scrittura che apre a visioni diverse anche dei rapporti nell’unione tra uomo e donna nella luce dell’origine.

 

Don Giovanni Milani