DON GIOVANNI MILANI MEDITA NELLA TERZA DOMENICA D’AVVENTO

Il breve ritaglio del quarto vangelo che ci è proposto si iscrive nella forte polemica innescata tra i capi dei Giudei e Gesù. La contesa è tanto violenta che, dice il testo evangelico: “Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre facendosi uguale a Dio”.
Tutto si era generato per il “segno” che il Signore aveva operato sul malato alla piscina della porta probatica; dapprima la contestazione era stata fatta allo stesso guarito, poi si era trasferita a Gesù perché, come detto, avrebbe agito di sabato e ancor più perché chiamava Dio suo Padre. In questo quinto capitolo troviamo parecchi passaggi polemici che si pretendono svolgere secondo l’antico modo giudaico di procedere giudizialmente; è noto là si solesse accertare la verità giudiziale appoggiandola ad almeno due testimoni concordi. Troviamo dunque qui l’insistito riferimento alla testimonianza che il Signore Gesù stesso richiama. Nel nostro passaggio, vediamo Gesù da subito denunciare come, proprio loro, i capi che gli muovono accusa, abbiano inviato a Giovanni per accoglierne testimonianza  – Gesù lo dice “lampada che arde e rispende” – ma poi “solo per un momento hanno voluto rallegrarsi alla sua luce”; ebbene anche il Signore non fa conto di quell’alto testimone, pur solo umano; ha ben altre, più grandi testimonianze.

Testimoni maggiori di quella di Giovanni sono innanzitutto le “opere che il Padre gli ha dato da compiere”. Sono quelle stesse dell’agire di Gesù, i “segni” (vi possiamo leggere il contestato “segno” nel sabato di guarigione). Ma, afferma Gesù, è lo stesso “Padre, che mi ha mandato, [che] ha dato testimonianza di me”. I suoi avversari, non ne hanno esperienza: non hanno “mai ascoltato la sua voce, né mai hanno visto il suo volto” sì che la sua parola non rimanga in loro. Ancora sono le Scritture stesse, che i Giudei che contestano Gesù, pur vanno scrutando “pensando di avere in esse la vita eterna”, desse proprio, gli danno terza e aggiunta testimonianza. Il brano, in una diatriba svolta anche su filo giuridico a noi non consueto, rischia giungerci forse un poco arido; credo bene allora richiamare “la lampada che arde e risplende” nell’attesa dell’avvento, non tanto o solo in questa figura tipica per il tempo liturgico che viviamo, quanto nel richiamo spirituale di tensione verso il Signore che ancora ci presenta la figura evangelica viva, vibrante di Giovanni, perché davvero il nostro cammino interiore sia ascolto d’una voce, esperienza d’un volto, un approfondirsi della Parola nella fede che vuol davvero accogliere in cuore l’inviato del Padre.

 

Don Giovanni Milani