MEDITAZIONE DI DON G. MILANI:
BATTESIMO DEL SIGNORE

Oggi, dopo l’Epifania, la manifestazione del mistero, del dono del Signore al mondo, ne svolgiamo i temi: la manifestazione da parte del Padre nel battesimo di Gesù, anche le domeniche seguenti, nella nostra tradizione saranno epifaniche di manifestazione del Signore. Il testo è densissimo di richiami all’AT, non è la semplice narrazione di un episodio dell’esistenza del Signore, ma l’inizio del ministero, l’origine da cui poi tutto è svolgimento sino alla croce e alla risurrezione, è la chiave per leggere tutto il vangelo. Gesù, παραγίνεται, viene! Mi piace riprendere, non solo nella storia, ma nella nostra attualità, per farsi battezzare, immergere da Giovanni. Badiamo bene viene tra i peccatori (anche per noi oggi) per un’immersione significativa della sua piena missione: l’immersione nell’acqua non è solo purificazione, ben di più, è simbolicamente la morte per la risurrezione; è assumere con radicalità la debolezza peccatrice dell’uomo per portarla al Padre che così lo dichiara, lo manifesta epifanicamente Figlio.

Il brano poi ci dice la polemica con Giovanni, che, come noi, fa fatica a capire il tutto puro che chiede il battesimo, ma Gesù vuole si compia ogni giustizia: la giustizia è la volontà del Padre che si esprime in questa solidarietà con i peccatori. Allora, compiuto il gesto battesimale, l’immersione, emerge nello Spirito ‘che dà la vita’ (credo!) e appare come colomba. Qui i richiami sono molteplici: a Genesi, alla creazione dove lo Spirito aleggiava (o covava a dar vita alle acque, come si può leggere nell’originale); ancora nella colomba di Noè, poi, più finemente, è il simbolo d’Israele, la sposa, “colomba mia”, del Cantico. Allora l’approvazione del Padre: “Questi è il Figlio mio!”: così lo riconosce il Padre, così è sua immagine: Dio non è tanto il dominatore del mondo dichiarato da ogni intelligenza religiosa, ma è l’immerso nella debolezza dell’uomo. Il Padre lo dice: “l’amato, in cui ha compiacimento”. L’ ἀγαπητός, l’amato che è nella tradizione, certamente da richiamare, l’Isacco della ‘aqedah, la legatura del sacrificio, che Gesù realizzerà pienamente e nell’immersione nell’acqua-morte già è segnata. Il Padre si compiace in questo anticipo del mistero della croce.

C’è poi qui, in quel “in lui ho posto il mio compiacimento” anche il riferimento ad Isaia e a quel cantico del servo del capitolo 42: Gesù, Figlio e servo, del Padre e degli uomini. Figlio e servo con richiamo a tutti gli apparentamenti linguistici e di significato: legame d’affetto e servizio. Così, in quell’immersione nell’umano debole e peccatore il Padre lo riconosce Figlio, uguale a sé, nella passione per gli uomini. Il battesimo di Gesù, ci dà l’immagine più vera di Dio, che, come dicevo, nelle religioni è visto nella razionalità dell’infinita distanza dall’uomo, dunque nella sua infinita signoria, invece nella sua misericordia si fa uomo, si mette dentro questa debolezza, perché nel suo amore lo vuole innalzare a sé stesso, al divino. 

 

Don Giovanni Milani