Prima della narrazione della passione del Signore Gesù, il vangelo di Giovanni si dilunga nei discorsi dell’ultima cena che si concludono in questo capitolo 17.mo che è solitamente detto, più o meno propriamente, la preghiera sacerdotale e sarebbe meglio chiamare preghiera dell’unità o per l’unità della Chiesa.
Gli studiosi credono di individuare una complessa elaborazione del testo, ma a noi interessa piuttosto alimentarci a quella intensità che vede al centro termini come ‘gloria’ ed ‘ora’, non nuovi, ma certo a noi non così consueti nell’accezione del nostro uso abituale, disparata rispetto al sentire di Giovanni.
Già a Cana di Galilea abbiamo trovato il richiamo all’ora che qui “è giunta”; subito avvertiamo, nell’innalzarsi dell’invocazione al Padre, come abbia senso supremo; nel quarto vangelo riconosciamo facilmente indichi il sacrificio del Signore Gesù sulla croce, e sempre qui – contrariamente al nostro immediato sentire – è un po’ tutt’uno con quanto è detto ‘gloria’.
Mentre nel nostro intendere corrente la gloria si connette a vistosi trionfi e nel pensiero classico all’apparire, il termine, della lingua di Gesù si riferisce al peso, cioè all’importanza di qualcuno o qualche cosa: la gloria del Signore Gesù dà peso, fa concreto, incarna e compie il mandato d’amore del Padre.
Gesù qui invoca dal Padre che lo glorifichi e al tempo ne resti, lui pure, glorificato tanto è intenso il legame, fin nel sacrificio, del Figlio con il Padre.
Coloro che gli ha dato avranno allora la vita eterna che è “conoscere”, consiste nel fare esperienza, nell’unione vitale con “l’unico vero Dio, e colui che ha(i) mandato, Gesù Cristo”. La vita eterna, non si riferisce tanto ad un tempo infinitamente esteso – come ci è istintivo pensare – indica piuttosto un rapporto, l’intensità del legame che, nel Signore Gesù, ci lega con il Padre.
Gesù ha ricevuto il mandato di donare la vita eterna ai discepoli e glorifica il Padre appunto in questa opera di salvezza e rivelazione: “Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola” (la parola di Gesù è la stessa del Padre).
Gesù prega per loro, non per il mondo; “perché sono tuoi” dice al Padre mentre ormai non è (librato verso il Padre, non si sente ormai) più nel mondo, mentre essi vi permangono.
E qui il culmine: “Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi”. La preghiera che svela il misterioso rapporto tra Gesù e il Padre vibra non solo nel loro rapporto, include “coloro che il Padre gli ha dato” in modo tanto intenso da essere “una cosa sola come noi” e così donar loro vincolo in quell’amore divino.
Don Giovanni Milani