LA DOMENICA DELLE PALME
NELLA PASSIONE DEL SIGNORE
MEDITAZIONE DI DON G. MILANI

Nella narrazione evangelica di oggi, vi è una grande tensione verso il Signore Gesù: quella felice, forsanche curiosa, di tanta gente venuta a Gerusalemme per le feste pasquali, desiderio di incontrare lui (insieme anche con Lazaro, tornato alla vita in mirabile segno); poi quella, ben diversa e torva, dei capi dei sacerdoti e Farisei che cerca complice delazione, per catturarlo, perché ormai la decisione di toglierlo di mezzo (s’era pensato anche a Lazaro) è ben presa. La casa di Betania – secondo molti, l’etimo è casa dei poveri – può esser tutta nostra in questo tempo trepido d’attesa pasquale e sensi sospesi dai tristi eventi correnti: vuol essere tutta una festa di riconoscenza attorno al Signore e a Lazzaro ritornato alla vita, ma diventa segno pensoso dei misteri imminenti di morte di Gesù. Certo al centro, solenne, c’è il Signore Gesù; attorno le animazioni più varie di festa e fin di livore. L’attività sollecita di Marta, la presenza, quasi sommessa e immaginiamo mite, sorridente di Lazaro; il gesto affettuosissimo di Maria – tanto lontano dalla sensibilità nostra di oggi – pure così significativamente carico d’amore: non solo diffonde profumo grato che vuole celebrare festa singolare con quel nardo prezioso, chissà per qual sogno serbato.

C’è anche – tristezza d’umano – il cuore fosco di Giuda: trova motivo nei poveri per muovere critica oscura quanto le proprie intime gravezze. L’incanto festoso par subito spento. Gesù, nella difesa a Marta, riporta tanto acutamente, il nostro pensare a questo nostro tempo carico di mistero. Quello di Cristo che passa attraverso sofferenza e morte per darci vita nuova, Pasqua di risurrezione; poi anche il mistero cupo della fragilità e del peccato che anche oggi avvolge di tenebra tanto spessa il nostro mondo nell’orrore di guerra. La liturgia – da noi – celebra oggi doppio richiamo, al centro le pericopi evangeliche tratte da quel capitolo 12° di Giovanni, cerniera tra libro dei segni e quello della gloria: la cena di Betania echeggia il settimo, ultimo e significativo, segno di Lazzaro richiamato a vita; la mite cavalcata e l’osanna, la regalità che si sporge verso alla croce, vero trono di gloria di Gesù, nella meditazione del quarto vangelo.

Questa domenica apre la settimana “autentica”, richiamo ben significativo a quella d’origine narrata da Genesi. Qui, alla croce, il sesto giorno, che agli occhi pare solo desolazione di morte, segna, per la fede che lo sappia leggere, creazione nuova: proprio dalla croce il Figlio di Dio effonde Spirito nuovo; il colpo di Longino, in aggiunta, dà nuovo segno, nell’acqua e nel sangue, di continuità nella Chiesa alla salvezza rivolta anche a noi oggi che navighiamo tempo lontano negli anni, ma sempre vivo di grazia. Dopo il grande pensoso silenzio dei tre giorni, certo il dono del Signore sprigionerà la sfolgorante luce della Pasqua di resurrezione, possa essere davvero di grazia.

 

Don Giovanni Milani