DON GIOVANNI MILANI MEDITA:
SECONDA DOMENICA
DOPO LA DEDICAZIONE

Il nostro brano ci porta alla fine del discorso in parabole, il terzo di san Matteo, così carico di immagini consuete al vivere della gente semplice che stava ad ascoltare il Signore Gesù; è così allusivo che l’ultima parabola la prenda da mare e pesca infatti: “Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare” (v. 13, 1) ma con tanta gente che gli si fa subito attorno, a forza, sale su d’una barca per quel parlare per racconti; noi vi troviamo anche lontana eco di quel “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini” (4,19).

Parla sul mare e parla del mare, di pesca e reti; ma già qui mi pare meglio leggere bene: già la rete della traduzione liturgica (che a noi fa impressione di costrizione e cattura) se ci riportiamo al contesto e leggiamo la parola scelta dall’evangelista, ha altro effetto specie su pescatori che ne traggono felice fatica.La “rete” è un tipo specifico d’attrezzo, σαγήνῃ: la sagena che due barche trascinan con largo abbraccio di mare; ma poi anche, la raccolta è: παντὸς γένους, d’ogni genere, con spettro più vasto della traduzione che precisa, sì, l’ovvietà dei pesci, ma il testo, finemente non si dice dei soli pesci, ci dona invece richiamo più generico al male.La parabola, dall’umile e pacato lavoro dei pescatori che siedono a far cernita del pescato s’inarca al (ἐν τῇ συντελείᾳ τοῦ αἰῶνος) “compimento del mondo”; il mondo non ha una fine, piuttosto un compimento felice nel trionfo pasquale del bene, della creazione nuova.

Con attenzione al testo, leggiamo meglio che del giudizio allusivo alla fine, al terminare del mondo, invece il suo compimento è nel trionfo del bene che brucia ogni impurità, cattiveria e bruttura quale ci porta la pasqua del Signore.Infatti i pescatori son figura degli angeli (gli angeli: i messaggeri dell’annuncio felice del vangelo, la notizia buona e bella della misericordia del Signore) ci portano anch’essi a lettura di un’ecpirosi del male più che a condanna dei cattivi.È poi da legger con cura l’ultimo paragone oltre la parabola che ha premessa nella domanda: “Avete compreso tutte queste cose?”, cioè tutti gli insegnamenti che traspaiono dalle parabole. La risposta è positiva e qui l’immagine (per alcuni la firma di Matteo scriba) del padrone di casa e del “suo tesoro di cose nuove cose antiche”.Mi piace intenderle, queste cose, come la sapienza dell’antico, il Primo Testamento, ma innanzitutto delle nuove, le evangeliche che dichiarano il grande annuncio della larga misericordia del Signore in Gesù suo Figlio immolato per noi.

E ancora lo scriba è chi ha da insegnare, mostrare la via della vita. Ciascuno di noi allora è in qualche modo scriba e tutto il discorso in parabole così carezzevole nella usualità domestica delle immagini ci chiama a responsabilità di attenzione non solo alla nostra condotta in vista di un giudizio; piuttosto un percorrere il bene e farcene così segno per chi ci è attorno, per chi da noi aspetta segno ed esempio di vita, figli, alunni, fedeli chi ha davanti la nostra vita che ha impegno di testimoniare il bene perché non ci sia nulla che debba essere gettato nel luogo infernale dove c’è stridore di denti.

 

Don Giovanni Milani