DON GIOVANNI MILANI MEDITA NELLA SECONDA DOMENICA D’AVVENTO

In questa seconda domenica di avvento ci è messa dinnanzi la figura di Giovanni, l’ultimo dei profeti, colui che dà compimento alla profezia indicandoci direttamente l’atteso. È personaggio singolare, tal che alcuni lo scambieranno per il Messia stesso, il suo invito: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”, è l’identico dell’inizio della predicazione del Signore Gesù e ne crea continuità. Convertirsi è cambiare la mentalità; il regno dei cieli è vicino, se ne può allora attingere; non fare conto di sé stessi o delle proprie tradizioni, ma rivolgersi a Dio ne apre opportunità in questo suo farsi vicino. Il brano è simbolicamente molto forte. Matteo dice Giovanni voce annunciata da Isaia: come Isaia profetizza delle strade di ritorno dall’esilio, così Giovanni di quelle della felice venuta del Signore. La voce di Giovanni risuona nel deserto, luogo densamente allusivo alla storia del popolo di Dio con quel cammino che allontana dalla schiavitù per tendere alla libertà. La descrizione stessa della persona di Giovanni è tutta richiamo: il vestito di peli di cammello, già tipico del padre dei profeti Elia, rievoca le tuniche di pelle date ai progenitori (Gn 3,21); la cintura, l’acconciatura per il viaggio dell’esodo; anche il cibo: le cavallette non sono solo segno dell’austerità di Giovanni e richiamo all’Egitto, seguendo Filone Alessandrino a commento di Lv 11,22, sarebbero l’ὁφιομάκος che dà spietata battaglia al serpente della menzogna e il miele è facile richiamo alla parola di Dio, come attestano i salmi (19,11; 119,103). 

L’esortazione a farisei e sadducei ha quasi forza d’invettiva: è richiamo anche a noi, a non pensare a salvezza in adesioni tranquillamente acquisite come l’aver Abramo per padre: la conversione è impegno personale. Il richiamo alle pietre da cui Dio – cui tutto è possibile – potrebbe suscitare figli d’Abramo, è suggerito dall’assonanza tra le parole ebraiche pietre/figli (abanim/banim) e ci richiama Ezechiele 36,26: “Toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”.  Giovanni è tonante contro l’infruttuosità spirituale: “ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco”: il suo battesimo, nel simbolo dell’acqua, vuole conversione, ma la vera immersione sarà nello “Spirito santo e fuoco” di chi “viene dopo” al quale si dichiara indegno fin d’essergli famigliare come schiavo (il portare i sandali). L’annuncio del Precursore è forte e arriva ad alludere al giudizio nell’immagine della pulitura dell’aia da parte di “chi viene dopo” egli “raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”. Qui il senso non è tanto o solo al giudizio finale, ma soprattutto al compito di Gesù che è discrimine e purificazione nel suo portare novità di grazia.

 

Don Giovanni Milani